Cover page reference: photograpy by Domenico Olivito
Un'osservazione legata a principi elementari dell'ottica e dell'estetica applicata a qualsiasi campo dell'espressione artistica è che, se si vuole mettere in evidenza un oggetto molto decorato, esso deve essere contrapposto ad uno sfondo omogeneo che lo faccia risaltare.
Negli ultimi anni, a San Giovanni in Fiore, dopo decenni di deturpazione e distruzione di ogni oggetto che ricordi il passato ( dalle "Signe", ai davanzali, ai portali, ai gradini in pietra massello, agli "acquari", agli orti cittadini ), barattati negli anni "60" migliaia di tegami preziosi di rame in cambio di bacinelle di plastica, bruciati i vecchi mobili e le "cascie", buttati tutti i vecchi oggetti in cambio della televisione e dell'automobile, nuovo dio florense cui sacrificare ogni cosa, colmato di cemento ogni millimetro quadrato di spazio disponibile, si sta riscoprendo la pietra.
fotografia: Archivio TCI, da La Sila di Ernesto De Martino e Franco Pinna; LEA: Roma, 1959
L'ultima passione florense è quindi la "pietra a faccia vista", gusto di frainteso pittoresco che negli ultimi anni ha prodotto, quasi sempre, risultati ancora peggiori dei decenni di cemento a tutti i costi. L'ultima moda è buttare (come al solito) i vecchi elementi in pietra (il portale d'ingresso, i davanzali, i gradini…) e sostituirli con nuovi elementi sempre in granito, opera di bravi Artigiani Florensi, però NUOVI.
Questa passione per la "pietra a faccia vista" di riflesso è stata scatenata da un'avversione per gli intonaci da parte di alcuni Enti pubblici; ne è un esempio l'operato della Sovraintendenza alla Belle Arti che ad ogni costo ha fatto spogliare dagli intonaci la facciata della Chiesa dei Padri Cappuccini, l'interno dell'Abbazia Florens, la facciata della Chiesa Madre, etc.
Capitolo a parte merita l'Amministrazione Comunale, che riveste da decenni i muri in cemento armato con finta muratura, dalla Villa Comunale a qualsiasi opera di urbanizzazione selvaggia successiva, volta come la Villa a colmare valloni, a sdradicare antichi alberi locali per sostituirli con rachitiche esotiche essenze, a devastare la geografia ed il senso del luogo; un muro del resto o lo si costruisce in cemento armato o lo si costruisce in muratura, non si fanno due muri uno appoggiato all'altro, un'altro problema è farli bene, in un modo o nell'altro). Amministrazione Comunale che ultimamente, attraverso l'uso improprio delle abilità murarie degli Operai Forestali, ha portato questa mania al parossismo, rivestendo anche muri in pietra antichi, belli e perfettamente funzionali.
Edifici che sono nati intonacati e lo sono stati per secoli (la Chiesa Madre, la Chiesa del Convento dei Cappuccini, l'interno dell'Abbazia Florense; l'elenco è lungo e dolorosamente antistorico) vengono privati dei loro intonaci protettivi e decorativi e lasciati nudi in una disordinata e povera muratura di sabbione granitico ( sänsu ). Una muratura povera come le nostre è come un uomo nudo nell'inverno silano: il sabbione delle murature assorbe acqua che il gelo invernale trasforma in ghiaccio. Il ghiaccio dilatandosi fra i pori della pietra la sgretola.
Questo è un principio costruttivo elementare ed empirico oltre che scientifico: le murature di sabbione granitico (sänsu) vanno protette accuratamente con un buon intonaco altrimenti sono soggette alla gelività; principio rispettato per secoli con la buona salute degli edifici prima che arrivasse qualche genio a decidere che non era così e tutti i florensi ad imitarlo, forza! Togliamo gli intonaci dalle murature, tutto a vista quello che per secoli è stato nascosto e protetto, che scemi questi antichi!
Nel caso dell'aula della Chiesa dell'Abbazia Florense la perdita è stata enorme anche come resa acustica dello spazio architettonico, come hanno lamentato spesso professionisti celebri della Musica e della Lirica.
Nel progetto di restauro del Martelli ( 1948-49 ), successivo all'intervento del Galli ( 1929-31 ) che aveva eliminato quasi ogni traccia della Chiesa di età barocca, la navata era giustamente intonacata, in contrappunto con la parte dell'abside lasciata nelle sue murature di conci a faccia vista, che, considerata la distruzione della cupola barocca, restava priva anche della precedente copertura a volta ogivale medioevale.
Il progetto divenne esecutivo fra il 1957 ed il 1958 con finanziamenti del Genio Civile. I lavori, di mole imponente ci privarono per sempre di qualunque segno dei rimaneggiamenti di età barocca, privandoci anche di una parte della nostra storia, ma, filologicamente coerenti all'idea di riportare il più possibile vicino all'originale medioevale la nostra Chiesa, proseguirono con l'intonacatura della navata, con buona pace dei cantanti lirici.
Successivamente l'intonaco chiaro, purtroppo, è stato rimosso. E noi ci ritroviamo in una spazio depredato della sua resa acustica e della sua luce architettonica. Una specie di grande antro scuro.
Un'osservazione legata a principi elementari dell'ottica e dell'estetica applicata a qualsiasi campo dell'espressione artistica è che, se si vuole mettere in evidenza un oggetto molto decorato, esso deve essere contrapposto ad uno sfondo omogeneo che lo faccia risaltare: è il motivo principale della scomparsa visiva dei portali e degli oggetti scolpiti dalle facciate delle nostre Chiese spogliate dagli intonaci. L'occhio disperso nelle ombre delle mille pietruzze non nota affatto i particolari scultorei dell'Architettura, i leoni, i fiori, le fluide decorazioni, tutto scompare in quel magma pietroso. La proiezione delle ombre completamente distorta, la massa d'imponenza dell'edificio nello spazio urbanistico disintegrata.
A Selinunte, in Sicilia, fu stabilito il tipo che noi conosciamo come Tempio Dorico. Il Tempio Dorico è una delle massime espressioni umane nell'Architettura in pietra, le sue colonne ed i suoi capitelli sono sicuramente più belli, preziosi, precisi, delle nostre povere sconsolate murature. Il tempio dorico era intonacato e dipinto non era a faccia vista come una caverna.
Bisogna ritrovare il rispetto per l'antico comunque attraverso la Storia e attraverso la logica della costruzione.
Se abbiamo un portale del XV o del XVI secolo perché non lasciarlo lì dove è stato per secoli, perché sostituirlo per forza con qualcosa di nuovo ad imitazione dell'antico, perché?
Perché se una casa è stata intonacata per secoli la si deve spogliare dei suoi preziosi intonaci?
Intonaci invecchiati dal trascorrere del tempo e dagli accadimenti storici, realizzati con sabbione granitico (sänsu) filtrato al setaccio e calce viva spenta nelle "fosse", sabbione che dà un tono naturale al color ocra chiaro dell'intonaco; intonaco che inquadra e intensifica la secca geometria degli edifici: tipiche architetture mediterranee che formalmente, come in un dipinto, si riducono a cubi, quadrati, triangoli.
Proviamo se mai ad imparare come si facevano quegli intonaci e a rendere una regola di Legge il loro uso nel Centro Storico.
I tetti tirati a filo del volume dell'edificio con una semplice "romanella" partecipano come piani di colore e non come volumi d'ombra ( come accade se il tetto è sporgente ), senza disturbare il senso di massa dell'edificio nell'insieme urbanistico costruito a sua volta da volumi puri di case intonacate e con il tetto a filo di volume; i balconi ridotti a semplici affacci sono bucature simili alle finestre, il davanzale diventa un po' più grande come le mensole in granito che lo reggono; occhiaie della città, puri vuoti d'ombra nelle facciate illuminate dal sole calabrese.
Non esistono "pensiline" nell'Architettura tradizionale florense, non c'è niente che sporga nella casa tradizionale, né nei palazzi signorili, e tanto meno nell'Abbazia Florens.
La purezza dei volumi era l'unica cosa che contasse come nelle architetture di tutti i tempi e di tutte le Civiltà.
Qui a San Giovanni in Fiore si è sviluppata una poetica di disintegrazione del volume: i balconi completamente inutilizzati tutto l'anno, privi di fiori, di piante di verde, migliaia e migliaia di balconi inutili, tristi, vuoti come i vuoti edifici ai quali sono appesi.
Stessa sorte subisce ogni casa sottoposta a ristrutturazione. Alcune delle principali sciagure, quasi tutte tra l'altro senza alcuna effettiva utilità, cui sono state e sono sottoposte le case del centro storico sono queste:
a) Pensiline e sporgenze di qualsiasi tipo che disintegrano il volume, occupano spazio nei vicoli e non fanno passare i raggi del sole, sono spesso causa di umidità, non hanno alcuna utilità, sono assolutamente illegali anche secondo i regolamenti attualmente in vigore nel Comune di San Giovanni in Fiore, ma misteriosamente continuano a riprodursi indefinitamente.
b) Sostituzione dei tetti, spesso con cambio di inclinazione, sempre con aumento di aggetto rispetto al volume dell'edificio, spesso con sostituzione del manto di copertura tradizionale in tegole di laterizio con altri materiali.
c) Sostituzione di solai in legno quasi sempre ancora perfettamente funzionanti, dei loro collegamenti verticali; sostituzione di tutte le architetture di interni in legno ( spesso veri capolavori di falegnameria e di sfruttamento razionale dello spazio architettonico ).
d) Sostituzione degli intonaci originali, imbiancamento delle superfici con colori particolari, e comunque non appartenenti all'ambito visivo ed estetico del nostro Centro Storico, rivestimenti in finta muratura di pietra.
e) Sostituzione degli infissi in legno, tradizionalmente quasi sempre smaltati di verde scuro all'esterno, a volte di azzurro intenso o di grigio, e sempre di bianco panna all'interno, con infissi in alluminio anodizzato, pvc, ed altri materiali estranei al luogo.
f) Sostituzione di fumaioli completamente funzionali, espressione della fantasia e dell'abilità di generazioni di Maestri dell'Arte Muraria Florense, con fumaioli in lamiera a di altri materiali estranei al luogo.
g) Sostituzione delle cornici delle finestre, dei balconi, delle porte, tradizionalmente semplicemente architravate, con archi ed archetti in mattoni finto antichi.
h) Distruzione sistematica dei "vignäni" originali.
i) Sostituzione sistematica di tutti gli elementi scolpiti in granito, di ogni oggetto che abbia su di sé i segni del tempo e del passato: gradini, davanzali, balconcini, portali, "signe", fontane in pietra, fumaioli, caminetti, pavimenti, decorazioni.
L'elenco potrebbe continuare ma questo basta a dare un senso della perdita culturale subita, a fornire un minimo di indicazione su quello che è un processo ancora in atto di distruzione sistematica della nostra Storia e della nostra Cultura, a rendere testimonianza nel silenzio totale delle Autorità, delle Amministrazioni Comunali, dell'Ufficio Tecnico, dell'Informazione, della Cultura su di un dramma antropologico e sociale in piena rappresentazione.
San Giovanni in Fiore, 27 ottobre 2003
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