Emigrazione e imperialismo - Paolo Cinanni
di Salv
L'opera teorica in cui Cinanni espone compiutamente il suo pensiero sull'emigrazione è il libro "Emigrazione e imperialismo" (1) pubblicato dagli Editori Riuniti e la cui prima edizione risale al 1968.
Minatori Italiani a Monongah in West Virginia agli inizi del Novecento
In Italia il fenomeno migratorio si trovava analizzato in vari saggi e altre opere soprattutto di taglio sociologico . In "Emigrazione e imperialismo" Cinanni spazia invece molto sulle cause e gli effetti economici dell'emigrazione, seguendo, nell'impostazione, la scuola di pensiero dell'economia classica e del marxismo.
Più specificamente occorre osservare che sul fenomeno migratorio la teoria economica si divarica in due indirizzi principali.
Con il libro citato, Cinanni rigetta e confuta questa ultima teoria,sostenendo e argomentando al contrario che invece l'emigrazione è fattore di sottosviluppo. Questa tesi, invero è implicita in scuole di pensiero anche diverse dal marxismo. Infatti, prima di Cinanni, sin dal secolo scorso, altri economisti avevano verificato come i maggiori tassi di sviluppo si erano registrati in quei Paesi che sistematicamente accoglievano e incoraggiavano l'immigrazione.
Belgio - Il paesaggio di dune artificiali prodotto dalle miniere di carbon fossile
Un attento esame degli aggregati economici porta Cinanni poi a constatare come quella tesi ha una validità oggettiva e quindi non circoscritta a un preciso momento storico.
Nell'opera citata Cinanni articola l'esame del fenomeno migratorio cogliendone tutte le implicazioni nelle zone di partenza e in quelle di arrivo. Da una tale analisi emergono tutte le mistificazioni ed errori insiti in quelle teorie che si limitano a trarre conclusioni trattando il fenomeno migratorio isolatamente da un contesto di una ampia analisi economica. Servendosi di un diverso approccio, Cinanni riesce a dimostare come l'emigrazione, oltre a portare un danno incalcolabile per l'economia dei paesi di partenza, in definitiva ha per effetto una intensificazione dello sfruttamento, sia dei lavoratori emigrati, sia di larghi strati della classe operaia dei Paesi di immigrazione.
Una delle cause di impoverimento dei Paesi di partenza risiede per Cinanni nel trasferimento unilaterale di ricchezza dai Paesi di emigrazione che non ricevono nessun risarcimento o compenso per le spese di allevamento e formazione sostenute per ogni lavoratore emigrato.
Tale tesi ha una implicazione intuibile. Il Paese di partenza dell'emigrato dovrebbe avere diritto ad un risarcimento poichè l'emigrazione di un lavoratore da un Paese all'altro, si risolve in un unilaterale trasferimento di ricchezza, vale a dire di una risorsa particolare che è la forza lavoro, di cui si fanno portatori i singoli soggetti da una certa età in poi e con una certa istruzione. Le spese per l'allevamento e la formazione sono sostenute dallo Stato, o meglio dalla formazione economica dello Stato, in cui è cresciuto il soggetto in questione. Da qui ne deriva la rapina di ricchezza dai Paesi di immigrazione ai Paesi di emigrazione.
Non solo. Nei Paesi di immigrazione i nostri emigrati al pari dei cittadini indigeni contribuiscono alle spese destinate ai servizi sociali e alle infrastrutture che non possono utilizzare pienamente e per la presenza di discriminazioni (più accentuate nei confronti dei lavoratori provenienti dai Paesi extra-comunitari ed extra-europei) e per la provvisiorietà della permanenza, legata, per molti emigrati, al rientro più o meno prossimo nel Paese di origine. [...]
tratto da "Paolo CINANNI - Una vita esemplare" - di Salvatore Oliverio
Catalogo dell'Iniziativa culturale "Paolo CINANNI - Il politico, l'uomo di cultura"
San Giovanni in Fiore, 2 settembre 2003
ASSOCIAZIONE CULTURALE "RUNCA"
Monumento alle vittime di Mattmark
(1) Cinanni "Emigrazione e imperialismo" - Editori Riuniti, Roma, 1968, 1971, 1975. Sullo stesso tema Cinanni ha pubblicato "Emigrazione e unità operaia" - Feltrinelli, Milano, 1972 1976
di Domenico Barberio
[...] Emigrazione e imperialismo, Editori Riuniti,
Roma 1968, ed Emigrazione e unita' operaia, Feltrinelli, Milano 1974
(con prefazione di Carlo Levi) sono parte delle riflessioni che
Cinanni ha offerto.
Cominciano pero' le delusioni: nel '65 Giancarlo Pajetta direttore di
"Rinascita" lo chiama a Roma per lavorare al giornale incaricandolo di
un compito certo non tra i piu' gratificanti (la promozione e la
diffusione della rivista); ricorda Cinanni in proposito: "ritenevo,
forse un po' ingenuamente, che il partito avesse interesse ad
introdurre nel collettivo di intellettuali di 'Rinascita' un compagno
di origine proletaria e meridionale, che aveva accumulato una certa
esperienza in grandi lotte di massa..."; dal '68 non fara' piu' parte
del comitato centrale e non ricoprira' piu' incarichi negli organismi
direttivi del Pci.[...]
|