Salvatore INGLESE
Prefazione di Franco Spina
Fotografia: Francesco Saverio ALESSIO
Leggere uno scritto, vedere un film,
ascoltare una storia, nella/nel quale protagonista principale è la
sofferenza, provoca nello stato d'animo del lettore/spettatore/uditore
una compartecipazione al dolore tale da renderne sofferente la
fruizione stessa. E' una sensazione che si prova quando la sofferenza,
tra le tante, ingiustamente si perpetua si perpetua ai danni di
qualcuno/qualcosa.
Recentemente ho sperimentato che tale sofferenza può diventare
insopportabile anche leggendo un testo a carattere prevalentemente
tecnico-scientifico, nel nostro caso psichiatrico-antropologico.
Spiegheremo i motivi di ciò tentando di descrivere del testo
considerato alcuni nuclei fondamentali, tra i tanti.
La particolare sofferenza è legata certamente a un motivo. Lo scritto
, del quale parleremo e di cui mi accingo a curare la prefazione, ha
come oggetto di ricerca il fenomeno dell'emigrazione osservato sotto
l'aspetto psicopatologico - nel lato più inquietante, quello della
sofferenza psichica -.
Il motivo che dicevamo è legato all'oggetto studiato; ma a rendere
sofferente la mia lettura è stato l'essermi sentito coinvolto
personalmente. Se da un lato lo scritto è il frutto di una ricerca
avvenuta proprio nel contesto dove sono nato e vivo, dall'altro
anch'io ( fra i tanti ) ho subito, da bambino l'amarezza profonda
legata all'esperienza migratoria di mio padre. Leggendo questo testo
ho rivissuto nella memoria, chiaramente, certi particolari e tristi
segmenti temporali.
Lo scritto è capitato sotto mano in modo casuale. Inizialmente ero
molto scettico sulla probabile importanza, questo perché sinceramente
la produzione "locale e sul loco" mi ha abituato a diffidare della
presenza di studi di grande qualità.
Dalle prime pagine la mia diffidenza si è dileguata. Quasi
meravigliato mi sono reso conto che qualcuno aveva scritto qualcosa
dal contenuto di eccezionale importanza e dalla forma abbastanza
ricercata.
Immediata la mia reazione, d'istinto la prima riflessione: perché
nessuno si è accorto che esiste un lavoro del genere! Nemmeno
nell'informazione locale in questi anni è stata riportata la benché
minima citazione.
Mi è parsa lampante una mia vecchia considerazione riguardo ai
problemi che connotano questo posto: al di là delle sporadiche
manifestazioni legate alla sola figura di Gioacchino, persiste
essenzialmente un deficit di cultura, per cui non esiste promozione e
crescita.
Ecco perché si è tanto
distratti da lasciar passare sotto lo sguardo indifferente
dell'istituzione e della classe politica che un testo così
interessante possa essere condannato al silenzio e "al fascino
immemore dell'agnosia".
Pur rimanendo convinto di quanto finora detto, ritengo possibile
accanto a questa anche un'altra linea di spiegazione più sottile e
profonda che vale la pena "riportare" perché è proprio dal nostro
scritto che viene presa a prestito.
Salvatore INGLESE, l'autore in questione, chiarisce a se stesso e a
noi che il non voler prendere in considerazione qualcosa, anzi
isolarne la disponibilità a parlarne, mal tollerare chi vorrebbe
farlo, può essere causato da un meccanismo di rimozione collettiva.
Questo è quanto sperimentava chi tra l'82 e il '90 si trovava a
coniugare pratica assistenziale psichiatrica e ricerca nel territorio
di San Giovanni in Fiore, riuscendo casualmente a svelare il motivo
per cui un centro abitato possa connotarsi come un "luogo richiuso in
se stesso, avvolto intorno ad un segreto invisibile, claustrale e
claustrofobico". Il motivo svelato è appunto il fenomeno
dell'emigrazione di massa che colpisce in profondità l'humus
psicologico collettivo e individuale del posto.
L'inizio della rimozione
del fenomeno, per INGLESE, è sostanzialmente legato all'episodio
tragico di Mattmark. In seguito, come vedremo, quando chiari
diventano i vissuti psicopatologici individuali e collettivi, è il
fenomeno in se a rappresentare "un esempio dissuasivo dalla tentazione
di intraprendere una nuova avventura esistenziale fuori dai confini
tradizionali".
Dunque è il fenomeno stesso ad essere investito dalla rimozione
psichica. Il fatto insolito è che la rimozione continua a rimanere
salda anche quando si tenta di farla affiorare in superficie. Essa è
continuamente spinta a interiorizzarsi perché il problema
dell'emigrazione, al quale è legata, non può essere considerato
superato; esso continua a sussistere tuttora, "come scelta di
sopravvivenza", in un luogo dove le risorse, anche quelle poche che ci
sono non vengono sfruttate.
Chiarito questo punto il ricercatore nella sua esperienza
assistenziale si trova di fronte tutto il problema sostanziato dal
dato clinico.
Nel censimento di 500 casi psichiatrici riscontra che tutti o quasi
sono legati direttamente ( la maggioranza ) e indirettamente
all'esperienza migratoria; perciò ritiene corretto scegliere una linea
di ricerca basata sostanzialmente sulla "narrazione anamnestica",
abbandonando un tipo di ricerca antropologica iniziale improntata
prevalentemente nella dimensione del magico, "entro l'orizzonte mitico
- rituale".
Dalla "biografia minuta dei pazienti dalla correlazione e dai contatti
con i contesti familiari si è imposta alla osservazione la salienza di
un segmento storico che la maggioranza dei pazienti possiede in
comune": l'esperienza migratoria.
Tutta la ricerca sarà indirizzata a percorrere il groviglio
sintomatologico, diagnostico, del disturbo mentale e questo funzionerà
a sua volta come "punto di osservazione privilegiato per la
comprensione dell'antropologia sociale".
Il testo infatti insiste, nel suo svolgersi, nel ritornare ad
evidenziare l'esistenza del legame a doppia trama fra sorti
dell'individuo e della collettività. A cominciare dal nucleo familiare
siamo alla presenza di un "movimento pendolare" circolare del "flusso
comunicativo" fra individuo e gruppo tale che "tutti i codici di
funzionamento vitale della collettività vengono sollecitati e messi in
discussione". Gli effetti perturbatori duraturi e permanenti, oltre a
sconvolgere il normale sviluppo della vita psico - sociale,
addirittura investono il territorio di provenienza.
Per
effetto dello sradicamento forzato il salario si pietrifica "in
abitazioni deserte ed abusive"."Più si è costretti al
movimento, più si scava nella roccia e si eleva una scheletrica
identità stanziale", e i guadagni ottenuti all'estero non vengono
investiti in servizi e nemmeno in strutture produttive, ma
"esclusivamente nell'edilizia con la motivazione di assicurare un
tetto ai figli".
Dunque del malessere
psichico è investito l'intero gruppo, sebbene è maggiormente
nell'individuo e nel nucleo familiare che vengono vissuti, a diversi
livelli, gli scompensi psicologici.
Tracciata la tipologia delle varie "combinazioni generazionali
forzate" si vede a cosa è legato lo scompenso bidirezionale: di chi
parte, di chi resta.
Subire lo sconvolgimento degli scambi affettivi, il vivere condotte
relazionali alterate precipita sempre più i soggetti interessati verso
varianti disadattive, le quali influiscono negativamente sulle
prestazioni cognitive, sulla costruzione dell'identità ( sessuali e
non ), sulla costruzione della realtà.
Anche la trasmissione culturale alle nuove generazioni ne risulta
invalidata - perché spesso "la successione storica delle generazioni
viene alterata da uno o più salti generazionali" -, risultano
delegittimati i valori culturali autoctoni, in definitiva lacerato il
"continuum esistenziale".
Questi sinteticamente, i nuclei fondamentali dello scritto. Esso, pur
svolgendosi in alcune decine di pagine, sviluppa esaurientemente
distinzioni e spiegazioni, presenta spunti di riflessione che meritano
una lettura attenta e profonda.
Spero in questa prefazione dei aver reso al meglio o almeno convinto
sul valore di questo lavoro.
Ringrazio Giuseppe e Marco della LegAmbiente di San Giovanni in Fiore
per essere stati solidali ed aver condiviso, quanto me più di me,
l'importanza, almeno il tentativo di togliere questo scritto
dall'oblio in cui sicuramente fatto rimanere.
Franco SPINA
San Giovanni in Fiore, giugno 1995
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Salvatore INGLESE
L'inquieta alleanza fra psicopatologia e antropologia
(ricordi e riflessioni di un'esperienza sul campo)
tratto da I fogli di Oriss, n° 1, 1993
Marco BILOTTA, Giuseppe GALLO
Prefazione
Franco SPINA
PUBBLICAZIONE INTERNET
a cura di
Francesco Saverio ALESSIO
Gaetano MASCARO
Traduzioni
Gaetano MASCARO
Francese, Inglese, Fiammingo