Ciò che qui si intravede è il riflesso istantaneo prodotto da un particolare specchio sociale.
Sulla sua superficie si agita il movimento frenetico di un soggetto collettivo che si è storicamente lanciato verso il traguardo utopistico della propria emancipazione, agognando un innesto armonico nei nuovi contesti di vita.
Attualmente tale soggetto è costretto a patire uno piazzamento dispotico che alimenta il suo estraneamento dalle collocazioni sociali e culturali in cui l'emigrazione lo aveva costretto nel corso della sua storia sociale.
Gli effetti di tale estraneamento culturale sono amplificati anticipati, ed eventualmente distorti dai vissuti psicopatologici che si distaccano erraticamente in seguito all'esplosione del primitivo nucleo sociale.
Gli individui malati vengono considerati dalla comunità come una legione di reduci che ha combattuto una guerra perduta.
Essi rappresentano attualmente un esempio dissuasivo dalla tentazione di intraprendere una nuova avventura esistenziale fuori dai confini tradizionali.
Lo stato di diffusa sofferenza sociale, l'evanescenza dei miraggi riverberati dalle residue speranze di sviluppo economico, l'atrofia istituzionale e il degrado politico, lo smarrimento della solidarietà etnica e familiare, lo scacco della cultura tradizionale, la condizione, diffusa e per vasiva, di sofferenza psicologica, rappresentano gli indicatori di lungo periodo di una irrimediabile sconfitta storica e antropologica della società autoctona che, decimata dall'emigrazione di massa, sembra rassegnarsi ormai all'estinzione.
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