Mi ritrovavo dunque direttamente sul "campo". Questa dimensione, esplorativa e concettuale insieme, specifica convenzionalmente il luogo fisico dell'esperienza conoscitiva antropologicamente orientata.
L'identificazione del campo sembra presupporre che l'osservatore riesca a mantenere un gradiente di distanza per cui "campo" non è immediatamente quanto esiste in una situazione data, ma quanto corrisponde alle capacità di osservazione e di descrizione di colui che ritiene di trovarsi entro un'area di influenza e di esperienza.
Nella migliore delle ipotesi il campo non può quindi essere inteso solo come il territorio delle azioni socialmente significative, ma anche come il luogo catturato all'interno di una mappa - o di una trama narrativa - che si incarica, pur con tutti i limiti, di descriverlo.
Il campo viene generato a partire dalla costituzione di un osservatore sperimentante, e in assenza di tale soggetto esso è solo un luogo, ineffabile e autonomo.
Progressivamente il campo si specifica come una dettagliata mappa cognitiva che, arricchita altresì da necessarie note interpretative, descrive in codice la realtà singolare di un territorio culturale. La creazione di tale mappa richiede che l'agente si collochi sul luogo fisico e interagisca attivamente con la realtà viva e pulsante di un contesto sociale, conoscibile per analogia e differenza.
La mappa che descrive il territorio non è mai il territorio stesso.
In ogni caso la mappa è qualcosa che si avvicina maggiormente al territorio senza però riuscire a sostituirlo del tutto, fatta eccezione per la possibilità di creare un universo generativo di esperienza simulata, ovvero riuscire a determinare la creazione di una realtà virtuale.
In effetti io mi trovavo fin dall'inizio sul campo, ma in realtà sono stato indotto a definirlo così solo a partire dal momento in cui ho incominciato a sentire il bisogno di descrivere le azioni che in esso si svolgevano.
Di questo campo ero soggetto interno ed attivo, ricevevo una delega sociale che mi permetteva di fare solo alcune cose e non altre.
Non mi si dava la chance di conoscere o di apprendere se non anche ingaggiandomi in un'azione di trasformazione più o meno significativa.
Inoltre il punto di osservazione era assolutamente impervio e instabile, direi semplicemente che era difficile mantenere la posizione senza vacillare.
Il vertice di osservazione era quello della clinica psichiatrica, ovvero il punto in cui l'individuo versa in uno stato di sofferenza radicale.
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