Ospedale Civile di San Giovanni in Fiore e Strategia elettorale dell'On. Gerardo Mario Oliverio di MARCOBOLO "il CROTONESE" ( 17/19 febbraio 2004 )
Sarebbe in bilico - a sentire le scipite digressioni in materia sanitaria dell’onorevole Oliverio, trasmesse in solennità dalla tv locale -, per la volontà scellerata della Regione, che, penalizzando i reparti esistenti, tenta d’espellere definitivamente il capoluogo dell’altopiano e tirare lo sciacquone. Nelle condotte sotterranee, il fatto sarebbe compiuto, senza più problemi di fetore o ferrugine. Il piano sanitario regionale è sotto accusa: cancellerebbe funzioni primarie degli ospedali montani, riducendoli ai minimi termini. Il carrozzone di Mario Oliverio, perché “il lupo”, come lo chiamano, va accomodato alla poltronissima della Provincia, gioca la carta, ancora, della trama ai danni della montagna silana, accusando l’ennesima codata della banda destrorsa calabrese. Altre volte, il capro si chiama Berlusconi,colpevole d’ogni nefandezza, assieme ai bevoni della Lega. Per esempio, la sostituzione del Reddito minimo col Reddito d’ultima istanza, orchestrata dal produttivista Roberto Maroni; il quale ha informato, dati concreti, del completo fallimento della sperimentazione a San Giovanni in Fiore, per causa d’una gestione locale scriteriata e selvaggia. Dopo l’oltraggio di Zavettieri all’abbazia di Gioacchino, il quale ha respinto il recupero dello scirpeto circostante, voluto, si sa, dai partiti, complici del più ingordo abusivismo privato, il centrosinistra s’infervora e ricorre alla piazza, alla mobilitazione, che, nella cultura nostalgica dei progressisti, rappresenta un’attendibile - e spendibile - proiezione elettorale. Cerca di rimediare al successo, in termini di consenso, dei pro Crotone, che hanno riaperto il capitolo del cambio di provincia, mettendo in profonda crisi la stabilità di Oliverio. Se l’onorevole manca la presidenza, torna a casa, chiudendo, a bocca aperta, una pingue carriera ventennale, con premi in Regione e alla Camera. Una vita al potere, in cui, pur senza vincolo di mandato in quanto parlamentare, il nostro ha portato poco, pochino, pochetto - per dirla con Flanders - alla «difficile montagna antropizzata», formula di Succurro per indicare la Sila. Pertanto, suona davvero male che Oliverio attacchi, accusi, metta all’indice la sanità crotonese e la Regione Calabria. Allora, non gli resta altro da fare. Per onestà intellettuale, non è certo l’onorevole la voce più idonea a giudicare; peraltro, senza proporre. Semmai, dovrebbe spiegare le ragioni per cui la Scuola tappeti, vero vanto della città, è stata sostituita con una pizzeria, gestita da una coop rossa. E dovrebbe raccontare quali misure ha promosso per la nostra montagna, mentre la sua parte stava al governo, presidente D’Alema. Evidentemente, la vecchia scuola di partito e i sistemi dell’ex Pci, basati sulla demolizione dell’avversario, sono ancora presenti nel nostro, che pure ha familiarizzato con la moderazione cattolica e seppellito l’emancipazione, obbligatoria, del contado - quella di Lenin, nell’analisi di Berlin. I sindacati unitari, che sulla carta sostengono la parata diessina di sabato 21, non sono affatto compatti. Il segretario della Cisl è cauto, obiettivo. Non appoggia l’iniziativa, a prescindere dai fatti. C’è un emendamento, in Regione, a tutela degli ospedali di montagna. Per Caligiuri, sindaco di Soveria Mannelli, altro comune coinvolto dalle scelte regionali sulla sanità, è questione di giorni: la situazione si risolverà positivamente. Mimmo Barile, candidato delle destre alla presidenza della Provincia cosentina, riporta, su un manifesto murale, il testo dell’emendamento in oggetto, chiaro, incontrovertibile, puntuale. D’altronde, la Regione non può determinare allarmi e tensioni, per la spesa dei nosocomi in questione - nel complesso, quindici miliardi di lire. La sfilata cittadina del 21, organizzata dai Ds e anticipata da un manifesto comunale firmato dal sindaco, è una manovra insensata e superata, già esperita in occasione della campagna denigratoria Difendiamo il diritto a vivere in montagna. Quella processione fu un tonfo clamoroso: servì a nulla, per il fatto d’essere, come al solito, un atto interno, perché in loco non c’è coscienza politica né di classe ma solo voglia di speculare. E non alimentò la popolarità dei Ds, come nelle previsioni. Tutti assistemmo alla solita, vecchia e marcia marcia, cogli amici, i simpatizzanti, i padri maristi, come scriveva De Andrè. Con l’obiettivo di sempre: scaricare le responsabilità politiche sul governo centrale e perpetuare la mentalità del diritto naturale all’assistenza. Per fortuna, quella patetica passeggiata fu snobbata anche da politici del centrosinistra, perché infondata. Ds e compagni devono rispondere direttamente del crescente spopolamento, della diminuzione delle nascite, della crisi economica. Loro reggono la cosa pubblica da tantissimo tempo. Nella recessione totale, è ovvio che chiudano i servizi, anche quelli primari. E, riguardo alla loro improvvisa preoccupazione per la sanità, mettano per iscritto, i Ds, le ragioni per cui, unanimemente, non hanno firmato la petizione dell’associazione Le Libertà, finalizzata a un’indagine sullo spaventoso aumento di decessi per tumore. Palese, fin troppo, è il rifugio dei Ds nella demagogia, visto che la presidenza di Oliverio non solo non è più scontata ma è, perfino, in gravissimo dubbio. Oggi, la gente vede, ricorda e capisce.
|
|
Strategia elettorale di Gerardo Mario Oliverio