Uno
scambio di opinioni con Alfonso
Maurizio Iacono
di Maria
Costanza Barberio
«Viviamo in un mondo
ancora molto carico di ideologia. L’eccesso di
evidenza delle cose non ci fa vedere quelle più
importanti».
Ce
lo ha detto Alfonso
Maurizio Iacono, ordinario
di storia della filosofia politica
nell’università di Pisa e preside di facoltà.
Lo abbiamo intervistato, in occasione della
seconda uscita del giornale. Ci è sembrato molto
utile raccogliere l’opinione di uno dei maggiori
filosofi italiani. Iacono ha studiato molto il
fenomeno della naturalizzazione, al quale ha
dedicato, fra l’altro, un libro, Autonomia,
potere, minorità, edito da
Feltrinelli, in cui parla, in fondo, degli
ostacoli alla libertà individuale.
Fra
le pagine del secondo numero, ci si occupa di
pregiudizi e mentalità repressive, condizionamenti
e vincoli, dai quali dipende il grave disagio
sociale della città, soprattutto dei più giovani.
Che cosa è la naturalizzazione? Iacono ha spiegato
che «è quel
processo per cui, ad un certo punto,
l’irrazionale o l’anormale diventa ben accetto
in termini generali, indispensabile,
immutabile, ovvio, scontato».
È così, nella nostra città?
Il
grafico e designer Paolo
Venturini osservò, tempo
addietro, che «le panchine, qui, sono in discesa»
e che, «spesso, anche i monumenti simbolici, come
quello ai lavoratori e agli emigrati, sono
talmente brutti da non suscitare alcuno scalpore».
Non è l’aspetto in sé a determinare una situazione
simile. Piuttosto, è una mentalità diffusa,
strutturatasi negli anni, per la quale le grandi
contraddizioni - le ingerenze dei docenti nel
privato degli studenti, ad esempio, gli scandali
in materia sanitaria o d’assistenza sociale e la
squallida monotonia quotidiana appaiono come
normali e insormontabili.
«Sono, addirittura, dei valori
interiorizzati, qualcosa di cui non si può né
si deve fare a meno» - ha
precisato Iacono.
Se
mettiamo assieme i contributi del filosofo
agrigentino con quelli di Gianni Vattimo,
che ha incontrato un gruppo di giovani, a San
Giovanni in Fiore, il 24 settembre scorso, viene
fuori un messaggio interessante. Vattimo ha
sottolineato la frequente e cieca adesione, tante
volte, ai dettami della Chiesa, in materia
sessuale. Il padre del pensiero debole
ne ha analizzato la posizione ufficiale riguardo
alla contraccezione e alla necessità, per la
salvezza, di professare il credo cattolico.
«Non si può permettere, pur di
mantenere la coerenza con la dottrina, che
dilaghino le malattie. Proibire l’uso del
preservativo è inconcepibile, oggi».
E, più avanti: «Se
Dio ci ama, come Padre, con tutto se stesso,
non si può sostenere che, dopo la morte,
accolga soltanto i cattolici».
Dal
canto suo, Iacono ha
espressamente invitato a «mantenere
alto il livello della critica»,
a «mantenere in
tensione il rapporto fra etica e politica».
Ma torniamo alla naturalizzazione. Si tratta di
capire se ciò che nella nostra società è
considerato valore assoluto, può ritenersi
veramente tale.
Partiamo
dalla scuola. Di solito, nei vari istituti,
raramente si interviene ad affrontare argomenti di
stringente attualità, anche in campo strettamente
locale. Oggi, i professori sono impegnati soltanto
a ultimare i previsti programmi ministeriali e a
effettuare le verifiche di rito, per la
determinazione dei crediti o debiti scolastici.
Riferendosi
ad espressioni analoghe, Alfonso Iacono ha detto:«È importante capire che
queste parole del gergo bancario ed economico
rappresentano delle metafore e che, quindi,
come tali vanno interpretate».
In
sostanza, l’individuazione del punteggio,
soprattutto oggi, dice nulla sull’effettivo valore
dell’intelligenza e della persona. Il fatto che
nelle classi non si discuta né si attui un’ampia
politica culturale è in relazione col
dovere-valore del programma. Così, gli studenti
sanno nulla di fecondazione medicalmente
assistita, eugenetica, di embarghi disumani,
grigiore esistenziale beckettiano,
utopie borgesiane, politica internazionale. In
sintesi, la scuola non stimola alla
contemporainetà e alla responsabilità quotidiana,
perché considera etico soltanto svolgere gli
autori classici, gli autori di sempre.
Maria
Costanza Barberio
la Voce
di Fiore
L'EVÉNÉMENT
ET L'OBSERVATEUR
Alfonso Iacono
Traduit de l'italien par Saverio Ansaldi
La philosophie en commun
PHILOSOPHIE
--Cette étude explore
quelques liens entre l'observateur et son
historicité. Le lecteur ne trouvera ni
définitions, ni modèles. Seulement des
problèmes. On ne parlera pas non plus "
d'observateur idéal ", ni n'entreprendra
d'études de cas où les hommes interagissent
comme observateurs et comme interprètes. Tout
reste ici limité à la trame des sujets et du
discours.
ISBN : 2-7384-7384-9 • 1999 • 160 pages
Editions
L'Harmattan