Associazione Culturale Due Sicilie
Antonio Pagano
dell’associazione Le Due Sicilie ragiona sul Sud
e l’Europa
di
Antonio Pagano
domenica 26 febbraio 2006.
Se
il Sud fosse uno Stato indipendente, sarebbe il
più povero dell’Unione europea?
Questa
affermazione è comparsa alla fine di agosto 2005
sulla rivista scientifica internazionale Plus
Medicine da una indagine statistica
effettuata da due ricercatori dell’Istituto Mario
Negri di Milano, Rita Campi e Maurizio Bonati, i
quali da anni raccolgono gli indici sulle condizioni
socio-sanitarie di bambini e adolescenti.
Costoro
hanno fatto risultare che vi è una enorme
disuguaglianza tra Nord e Sud e, disaggregando i
dati delle singole regioni, hanno tratto la
conclusione che, se si considerasse il Sud come uno
Stato indipendente all’interno dell’Unione Europea,
sarebbe il più povero. I dati da cui hanno tratto le
loro conclusioni riguardano però solo la mortalità
infantile, che risulta quattro volte superiore al
resto d’Italia, e l’ospedalizzazione: "Oltre il 22%
dei piccoli pazienti della Basilicata e del Molise,
e oltre il 13% di quelli calabresi e abruzzesi deve
ricorrere a ospedali del Centro-Nord. Una vera e
propria migrazione sanitaria". L’affermazione,
presentata poi con l’immagine suggestiva di un
eventuale "Sud-Stato indipendente", sembra voler
accreditare ai meridionali una incapacità congenita
di realizzare una sufficiente condizione
socio-sanitaria. I dati esposti, invece, mostrano
che lo Stato italiano - la Sanità è ancora di sua
competenza e il Sud fa parte di questo Stato, almeno
di nome - ha destinato al Sud meno risorse, come del
resto fa con tutto, per soddisfare prima di tutto
gli interessi dei gruppi finanziari del Nord.
L’idea di un Sud
come Stato indipendente all’interno
dell’Europa è, tuttavia, da prendere in
considerazione in quanto è vero proprio il
contrario: un Sud indipendente sarebbe ai
primi posti in Europa. Come lo eravamo circa 145
anni fa. E vediamo perché.
Bisogna
partire prima di tutto dalla definizione di Stato.
Cos’è lo Stato? Al di là delle scolastiche
definizioni giuridiche lo Stato altro non è che uno
strumento usato per organizzare il popolo e il
territorio su cui il popolo è stanziato. Lo Stato,
inoltre, per poter funzionare, deve essere sovrano,
non deve cioè, nelle sue scelte politiche e
amministrative, dipendere né essere condizionato da
altri. Le persone che dirigono l’organizzazione
dello Stato sono i politici che si qualificano in
genere di "destra" o di "sinistra", termini che però
non hanno alcun significato reale. I politicanti
fanno basare i movimenti politici su ideali
seducenti, escogitati per catturare i consensi delle
masse popolari facendo prospettare miti simbolici
ben collaudati da secoli: patriottismo,
nazionalismo, socialismo, lotta al terrorismo ecc.,
oppure, con l’inganno, promettendo vantaggi futuri
(posti di lavoro, aumento del reddito, previdenza,
ecc.), oppure instaurando un fiscalismo opprimente
con la promessa di abbassarne i prelievi, oppure con
la complicità di gruppi organizzati di elettori
(lobby) che, in cambio del voto, ne ricavano
vantaggi illeciti. Strumento essenziale, per lo
sviluppo del popolo e per far funzionare l’apparato
statale, è il denaro. Il denaro, come si sa, è fatto
con carta stampata e metallo coniato. Esso ha la
funzione di permettere gli scambi commerciali e di
retribuire il lavoro prestato. Attualmente è usato
l’Euro che non ha alcun valore intrinseco. Il suo
valore, infatti, non è basato su corrispondenti
riserve di metallo pregiato o altro tipo di beni, ma
semplicemente sul fatto che viene accettato e
scambiato di comune accordo da tutti. Naturalmente
la quantità di Euro in circolazione deve essere in
armonia con la situazione dell\’economia e della
produzione (PIL, cioè il Prodotto Interno Lordo)
altrimenti ne scaturirebbe "inflazione" (l’eccessivo
denaro in circolazione verrebbe svalutato e
servirebbe più denaro per acquistare lo stesso
prodotto) oppure "deflazione" (poco denaro in
circolazione e relativa diminuzione dei prezzi,
situazione che comporterebbe contrazione
dell’economia e della produzione con conseguente
disoccupazione). Chi allora deve avere il compito di
stampare e coniare denaro? Con tutta certezza non
può essere che lo Stato che, come abbiamo visto, è
lo strumento sovrano del popolo per organizzare la
sua vita. Ovvio quindi che esso non possa essere
prodotto direttamente dai cittadini: il denaro non
avrebbe alcun valore perché la quantità immessa nel
mercato sarebbe fuori controllo. Il denaro è,
dunque, il pilastro fondamentale per la vita di un
popolo e del suo Stato. Lo Stato tra i suoi compiti
deve anche prevedere la sorveglianza delle banche
commerciali e di fissare periodicamente il tasso
ufficiale di sconto (cioè il costo del denaro dato
in prestito alle banche commerciali). Insomma, tutto
e tutti dipendono dal denaro. Eppure in Italia,
dall’Unità fatta nel 1861, ad opera del "padre della
patria" Cavour, lo Stato fu esautorato della
sovranità di emettere denaro, con l’affido ad un
ente privato la Banca Nazionale piemontese, cioè a
quella che - attraverso vicende quasi sempre molto
sporche, es. furto delle riserve in oro di dollari e
sterline dei Banchi di Napoli e di Sicilia in epoca
fascista - attualmente è la Banca d’Italia. I
proprietari della Banca d’Italia sono banche private
(85%), assicurazioni (10%) e altri proprietari
minori. In pratica la Banca d’Italia, creando dal
nulla il denaro con la sola stampa e conio, lo
"presta" poi allo Stato che, per svolgere le sue
funzioni, resta assurdamente indebitato (Debito
Pubblico) con un privato. Cosa che non avverrebbe se
lo Stato, per suo sovrano diritto-dovere, il denaro
se lo stampasse esso stesso e lo distribuisse ai
cittadini che ne sono naturalmente i proprietari. Un
assurdo così enorme, così grande, che nessuno riesce
a vederlo. Una truffa gigantesca ben congegnata:
essa consente agli azionisti della Banca d’Italia di
arricchirsi non solo con la "restituzione" del
debito da parte dello Stato, ma anche di farsi
pagare gli interessi (tasso di sconto) su denaro non
suo. Solo che il denaro che torna indietro alla
Banca è denaro vero perché è frutto del lavoro e dei
sacrifici dei cittadini. Ma ci sono anche altri che
ci guadagnano da questa assurda situazione: quelli
che amministrano lo Stato. I politici, che formano i
governi e i vari apparati dello Stato, maneggiando
l’enorme flusso di denaro che lo Stato preleva dai
cittadini con imposte e tasse, si arricchiscono
anche loro concedendosi stipendi favolosi per fare
concessioni ai cittadini, per comprare voti, ecc.,
anche a scapito dell’efficienza economica e
amministrativa dello Stato. In proposito si può
ricordare il governo di Aldo Moro che per istituire
l’ENEL col pretesto di "dare la luce a tutti"
comperò le azioni della S.I.P. (Società
Idroelettrica Piemontese) per una somma pari a
100.000 miliardi di lire, un enorme esborso del
tutto inutile perché le concessioni demaniali degli
impianti idroelettrici stavano per scadere e,
quindi, le azioni avrebbero a breve perso valore.
Quell’enorme cifra fu praticamente tolta per decenni
allo sviluppo e alla costruzione di infrastrutture
del Sud e servì a finanziare lo sviluppo tecnologico
della S.I.P. che passò alla telefonia. Risultato di
tale operazione: l’energia elettrica in Italia costa
più che in tutti gli altri Stati europei.
L’operazione fu una delle tipiche truffe del Nord,
ma nessuna formazione politica è andata al fondo
della faccenda: nessuno aveva interesse a sputare
nel truogolo della gozzoviglia. Il silenzio dei
politici meridionali, in proposito, è stato tombale,
come sempre. Addirittura essi ritengono che se il
Sud diventasse indipendente non sarebbe in grado di
sopravvivere e numerosi sono quelli che si affannano
a difendere l’unità, il risorgimento e osannano il
Garibaldi. Eppure quando ho definito costui, in
altri miei articoli, ladro, assassino e primo
artefice del degrado meridionale, nessuno mi ha
dimostrato il contrario. E c’è ancora qualcuno nel
Sud che vuole intitolare a lui un teatro a
Gallipoli. Sindrome di Stoccolma? Una cosa è certa:
con gente così davvero il Sud non andrà da nessuna
parte. Insomma lo Stato viene usato come esattore da
parte della Banca d’Italia con la connivenza dei
politici, i quali usano anch’essi lo Stato come
strumento per arricchirsi. Naturalmente non tutti i
politici sono consapevoli e conniventi di quanto
avviene, ma certamente costoro sono di una
inammissibile e colpevole ignoranza. Con questo
sistema, essendo lo Stato privo di sovranità e usato
come strumento truffaldino, non si può dire, dunque,
che in Italia esista uno Stato vero, ma solo il suo
simulacro. Da questa colossale truffa a danno del
popolo, iniziata con i Savoja per "fare l’Italia
unita" e continuata con la complicità di tutti i
governi fino ad oggi, si può scientificamente
affermare che la Banca d’Italia (oggi la BCE) è la
vera detentrice del potere, perché essa,
appropriatasi della facoltà di stampare denaro,
tiene sottomesso il potere politico che "non vede e
non sente" pur di stare ben avvinto alla sua
greppia. Basti, in proposito, ricordare il fatto che
nessun politico si permise di "chiedere la testa"
del Governatore della Banca d’Italia nel 1992, per
aver costui fatto perdere allo Stato, cioè a tutti
noi italiani, oltre settantamila miliardi per aver
ritardato di due settimane la svalutazione della
lira - svalutazione ormai certa di circa il 30% - a
vantaggio di speculatori internazionali. Eppure
questo genio della finanza fu fatto Ministro
dell’Economia (ma si era laureato in Lettere alla
Scuola Normale di Pisa), Primo Ministro e Presidente
della Repubblica. Naturalmente il tutto sempre
ammantato del glorioso risorgimento, dell’unità
della patria, dell’inno nazionale e dello sventolare
di bandiere tricolori e giacobine. Che bello, che
bello! Con l’istituzione dell’Euro, la Banca
d’Italia stampa ancora carta moneta, ma su
concessione della Banca Centrale Europea con sede a
Francoforte, anch’essa privata (azionisti sono i
soci privati delle varie banche nazionali, anche
dell’Inghilterra che, pur non essendo entrata nel
sistema Euro, detiene tuttavia il 14% delle azioni,
e, quindi, degli utili). La concessione comporta
ovviamente un elevato addebito non motivato. Contro
il costo di stampa di 0,03 centesimi la BCE pretende
2,50 Euro ogni cento, ovviamente scaricati sullo
Stato italiano, pagatore finale, cioè su tutti noi.
L’Unione Europea, è, in sostanza, una unione di
banche senza un Governo supervisore. Uno Stato
europeo, infatti, non esiste. Cosicché i governanti
dei vari Paesi europei usano ora il loro Stato
nazionale come esattore della Banca Centrale, la cui
greppia è ben più abbondante di quella nazionale e
con meno vincoli per l’assenza di un Governo
centrale di tutela. Tra l’altro la BCE consente
continuamente di emettere più denaro del necessario
(circa il 5% all’anno), cosicché questo surplus,
innescando un processo inflattivo, fa diminuire il
valore della moneta. Questo ha l’effetto di una
tassa indiretta per i popoli e arricchisce
silenziosamente i soci della BCE perché i cittadini
e le imprese, causa la forzata svalutazione
strisciante, sono spinti a chiedere più denaro alle
banche in un’infernale spirale senza fine. Se la BCE
non stampasse una quantità eccessiva di Euro non
esisterebbe inflazione. L’inflazione è causata di
proposito. Fazio, rimasto attaccato alle concezioni
"nazionali" della Banca d’Italia ancorate al periodo
della Lira, è stato allontanato perché dava
fastidio: "non aveva capito" che era passato il
tempo di fare gli "interessi" nazionali, bisognava
ora fare quelli "europei". Una truffa talmente
enorme che si fa fatica a vederne i contorni. Il
popolo infatti non se ne accorge, anche perché
nessun politico ne parla. Se ne guardano bene.
Costoro, interessati a mantenere questo sistema
truffaldino, mentono nei pubblici dibattiti in modo
spudorato: così la gente crede e si adatta alla
situazione ritenendola reale e legittima. Da tutti
si ritiene, infatti, giusto pagare il debito
pubblico e che partecipare alle elezioni sia
doveroso per poter scegliere al meglio i politici e
i partiti onde "essere meglio amministrati per lo
sviluppo della vita nazionale". Nessun programma
televisivo è più seguito di quelli in cui c’è un
dibattito politico: ma gli spettatori non si rendono
conto che è solo una messa in scena (magari anche
"combinata" tra gli opposti schieramenti). Un ben
collaudato meccanismo psicologico, il cosiddetto
"teatrino della politica", che cattura le passioni e
il consenso popolare col risultato di nascondere
l’enorme truffa dietro celata. I popoli europei sono
ormai ridotti a semplice gregge, particolarmente
quelli del Sud-Italia, da tosare il più possibile
per far arricchire i gruppi finanziari che dominano
i governi. Questi, servi delle banche, aumentano
tasse e tributi con l’ingannevole pretesto
dell’inflazione. Invece è vero esattamente il
contrario: l’aumento dei balzelli serve solo a
produrre deflazione (cioè a far diminuire la
quantità di denaro circolante che causa l’aumento
dei costi). Così gli imprenditori sono costretti a
chiedere denaro in prestito alle banche, che si
arricchiscono ancora di più, mentre aumentano
fallimenti e povertà. Per questo, il cosiddetto
Debito Pubblico non verrà mai cancellato. È un
collaudato meccanismo che fa guadagnare la BCE e i
politici (Destra, Sinistra o Centro non fa alcuna
differenza: sono tutti d’accordo). Prima che
arrivassero i "liberatori" piemonteso-savojardi il
Regno delle Due Sicilie aveva una economia del tutto
diversa. Il denaro veniva stampato (fedi di credito)
e coniato direttamente dallo Stato. Non esisteva un
"Debito Pubblico" inquinato dal pagamento di tasse a
favore di una Banca privata. Il Banco delle Due
Sicilie era una banca di Stato e il suo "Debito
Pubblico" era fisiologico, dovuto in genere alle
pochissime tasse che servivano solo a pagare i
servizi che lo Stato effettivamente forniva al
popolo. Il
Regno delle Due Sicilie era la terza potenza
economica in Europa, situazione
resa visibile dall’elevata rendita sulla piazza di Parigi.
Il
sistema attuale è dunque così organizzato: a) lo
Stato italiano è privo di sovranità (tra l’altro è
anche occupato da truppe straniere) ed è usato per
soddisfare gli interessi dei gruppi finanziari
italiani e stranieri; b) le lobby italiane, tutte
del Centro-Nord, sfruttano il Sud come una colonia
interna in cui vendere i loro prodotti e servizi.
Ovviamente esse impediscono qualsiasi sviluppo che
potrebbe rivelarsi pericoloso concorrente del Nord,
ad esempio eliminare a qualunque prezzo la Banca del
Salento, rea di aver avuto l’audacia di aprire due
sportelli in due zone centralissime di Milano, uno
in Stazione Centrale, l’altro in piazza Diaz a due
passi dal Duomo. Da ricordare anche la compagnia S.
Paolo che, sfruttando il nome del Banco di Napoli,
succhia i risparmi del Sud per versarli a Torino con
la vergognosa complicità della classe dirigente e
politica meridionale. Bisognerebbe impedirle almeno
di usare il nome Banco di Napoli! Ma tanto è
inutile: ci circuirebbero comunque come stanno
facendo ora con l’istituzione della Banca del Sud.
Carpendo la "buona fede" del principe Carlo di
Borbone, lo hanno messo a simbolo di questa Banca
per attirare gli ingenui terroni. Quello che
sorprende sempre (e sgomenta) è il vedere con quanta
facilità questi polentoni ci impongono tutto ciò che
vogliono e senza neanche nasconderlo più di tanto.
Vedrete quanti imbecilli adopereranno questa Banca
del Sud (o del Mezzogiorno)! È intuitivo
comprendere, dunque, che, se il Sud tornasse
indipendente, basterebbe il solo fatto di liberarsi
dei parassiti nordisti e stampare in proprio
armoniosamente il denaro che serve per avere un
immediato sviluppo sociale ed economico, come
avveniva prima di questa stramaledetta e truffaldina
"unità d’Italia". Un esempio classico in proposito è
rappresentato dalle colonie della Nuova Inghilterra
in Nord America: i coloni nel XVII secolo emisero
direttamente una propria moneta, chiudendo per
sempre con la Banca d’Inghilterra. Si ebbe
immediatamente uno sviluppo prodigioso, ma quando il
preoccupato Parlamento inglese impose nel 1763
l’obbligo di usare per le transazioni commerciali
solo la moneta inglese stampata dalla privata Bank
of England, gravata da interessi, vi fu subito
recessione e migliaia di disoccupati. Fu per tal
motivo che scoppiò la guerra d’indipendenza
americana e nacquero gli Stati Uniti. In seguito,
però, anche nel nuovo Stato le banche, con subdole
manovre, ripresero il loro predominio "prestando"
denaro allo Stato. Vi furono tre Presidenti che
cercarono di contrastarle ripristinando il denaro
come proprietà dello Stato, ma furono tutti e tre
assassinati: Abraham Lincoln (nel 1865), per aver
fatto stampare dollari di Stato (Greenbacks); James
A. Garfield (191 3), per aver denunciato il dominio
dei banchieri sulla Federazione; John F. Kennedy
(1963), per aver emesso banconote di Stato, subito
ritirate dopo la sua morte. Altro esempio dei nostri
giorni è la Cina che sta superando
impetuosamente le economie mondiali. Il motivo
consiste proprio in questo: la Cina ha una Banca di
Stato e non una Banca Centrale privata! La Cina
stampa direttamente il denaro che le serve e non lo
chiede in prestito a nessuna banca privata! Non è
affatto vero, come ci vogliono far credere, che il
lavoro cinese costi poco perché gli operai mangiano
un pugno di riso: la Cina si è sviluppata e continua
a svilupparsi a ritmi impensabili perché non le
gravano addosso i parassiti che le succhiano il
sangue, come quelli che affliggono il nostro Sud.
Se, dunque, riuscissimo ad avere un nostro Stato,
stampando noi il denaro che serve, noi avremmo
sostanziali benefici in ogni campo. Potremmo
costruire le infrastrutture che ci hanno sempre
negato col pretesto assurdo che mancano i capitali
(è come dire che non si possono fare strade perché
mancano i chilometri). Potremmo produrre a basso
costo in competizione con tutto il mon do. Potremmo
avere un sistema sanitario tra i più avanzati.
Potremmo avere la piena occupazione senza dover più
emigrare. Infatti, il denaro emesso direttamente dal
nostro Stato, cioè dal popolo, non gravato da
interessi passivi, potrebbe essere utilizzato senza
ostacoli e stimolerebbe la produzione e
conseguentemente l’occupazione. Inoltre, cosa
importantissima, non si avrebbe né inflazione, né
deflazione. Lo dimostra il ducato duosiciliano che
non aveva mai perso di valore nei 126 anni di Regno
borbonico.
Antonio Pagano
San
Giovanni in Fiore, 1 aprile 2006 - Si è tenuto nella
sala convegni dell'Hotel Dino's un interessantissimo
dibattito culturale: Lo
Stato Unitario e le prospettive occupazionali
per il Sud.
Fra
i relatori Nicola
Zitara, Mario
Perfetti e Antonio
Pagano; ha moderato il dibattito Saverio
Basile.
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