Se le parole avessero rispondenza
nella realtà, ne basterebbero poche per risolvere
i problemi.
Ma in questo tempo se
ne “buttano” talmente tante che, pur sprovveduto
che sia, il semplice cittadino si accorge che c’è
un lacerante scrollo della politica dai reali
problemi del Paese.
Del
tutto sempre di meno. Siamo al limite
dell’oscurantismo economico. Solo il reddito fisso
costituisce ricchezza per il potere. Ed il Paese è
su questa strada, con questa classe politica.
Per
Paese noi intendiamo anche e soprattutto il Sud.
All’inizio
del secolo XX° una impressionante manifestazione
della crisi economica creò le
condizioni perché si avviasse, come triste
conseguenza, una
massiccia emigrazione transoceanica.
Si
alleggerì la questione meridionale, si disse. Le
rimesse degli emigranti apportarono una boccata
d’ossigeno alla magre casse dello Stato. Ma non
risolsero il problema. Anzi la “questione
meridionale” divenne il problema per antonomasia.
-La
Cassa per il Mezzogiorno…
…doveva
essere il deus ex machina, ma si
sostanziò in lingotti d’oro per molta
gente senza scrupoli, uno spreco di pubblico denaro
vergognoso che serviva a verniciare solo le croste
dell’affresco invece di restaurarle. E fu così che
gli interventi ebbero destinazione senza effetti
propulsivi. Fu abolita la Cassa. Rimase il problema.
Nacquero problemi. Nuovi.
Meridione
e Sicilia, fin quanto l’assistenzialismo statale ha
elargito miliardi con tanta interessata benevolenza,
tutto “ appariva” benessere reale, buono soltanto a
pescare voti. Il paesaggio è desolatamente bello.
Infatti
ancora oggi il Sud fa i conti con una situazione
economica tra le più disastrate di tutto il Paese.
La disattenzione dei politici è
generale, assoluta, vergognosamente assoluta,
perenne.
E la
disoccupazione ne è l’eterno problema.
Solo le parole, convertite in comode cifre, mettono
un pietoso velo sull’ammalato grave. In pallido sole
comincia a dar segni di risorgimento.
In
questi ultimi tempi un segno di vitalità, di svolta,
pare prendere consistenza anche se la gente mostra
segni di stanchezza per le false, ormai
anacronistiche ed improduttive promesse.
Sono
soprattutto i giovani a cogliere questi piccoli
segni perché da loro promanano... Hanno capito che
ormai è inutile farsi attrarre da facili guadagni
che, nel corso della vita, non approdano a nulla;
negano il benessere, la stessa loro dignità. Quindi
vogliono mettere in funzione il motore della loro
intelligenza, della loro voglia di fare, per
rinnovarsi, per mettere a frutto la loro creatività
progettuale.
-Contro
lo statalismo
Soprattutto
non vogliono delegare ad altri l’amministrazione
della loro intelligenza, della loro cultura. Non
vogliono offrirla, meno che mai, a questo Stato
sprecone.
Per
intanto, si allineano lungo i muretti dei giardini
in attesa che un piccolo segnale scuota le
coscienze, qualcuno dia un minimo segno di svolta
per cancellare quel volto serio, consunto dalle
preoccupazioni dell’incerto futuro e dalla possibile
aggressione in un momento di debolezza e cedere alle
tentazioni di facili guadagni.
La
maggioranza dei giovani non crede più nello
Stato, nei vari livelli delle
istituzioni. Il malessere, quindi, a buon diritto,
si scarica nei confronti della politica e sui
politici per il loro grave, disimpegno generale
verso i problemi più urgenti. E non parliamo della
nuova povertà.
Nel
sud è d’antico tempo.
-Che
fare?
Innanzitutto una politica
seria e concreta del lavoro.
Ciò
si può ottenere ridando credibilità alle istituzioni
con atti e comportamenti coerenti tra gli impegni
che si assumono e le cose che si realizzano.
“Il
lavoro si crea non solo con il sostegno di un
governo sempre presente ed attento, ma anche con gli
interventi concreti delle Regioni, delle Province e
dei Comuni: si deve creare dal basso una
cultura d’impresa dei giovani.
E’
importante, nelle aree a rischio di criminalità, non
abbassare il livello di guardia e mantenere un
maggiore controllo del territorio garantendo, così,
una sufficiente sicurezza agli imprenditori, agli
operatori economici e commerciali che intendono
investire nel Sud.
Solo
una politica, quindi, diversa, seria e d’impegno
costante, in grado di creare lavoro, sviluppo ed
occupazione, potrà dare una risposta efficace.”
Una
nuova concreta e diversa attenzione da parte delle
Istituzioni che - al di là delle risoluzioni che
verranno prese e delle decisioni politiche - devono
volgere lo sguardo al sud.
Là
vi sono tutte le premesse per un’affermazione che
non sarà data da fatti emotivi ma da una catena che
collega Nord e Centro alla gente del Sud e della
Sicilia. Dalle Alpi a Monte Erice.
-Riconquistare
la dignità
E’ in queste terre dimenticate
che si accumulano storicamente record negativi;
è proprio in queste rigogliose terre che bisogna
trovare le soluzioni più pratiche ed idonee per una
svolta economica, per il benessere, per
riconquistare la libertà a tutta questa gente che
fino ad oggi ha
sopportato con dignità ogni sfruttamento e
sofferenza causata da gruppetti senza scrupoli e
di malaffare.
Attuando
semplici iniziative tra il pubblico ed il privato (
non occorrono opere faraoniche o cattedrali nel
deserto di cui la Nazione è piena), il Sud potrà
equilibrare le sorti dell’Italia e cancellare quasi
due secoli di storia inutile. Da dimenticare e non
essere più la solita pecora sgozzata.
Giovanni
VENEZIA
www.ilpungolo.com
La fuga dei laureati
italiani all'estero è un fenomeno di cui spesso
si discute senza l'appoggio di dati
significativi. Analizzando
i flussi di laureati italiani che vanno
all'estero
il fenomeno appare
drammatico e in crescita. Mentre all'inizio
degli anni 90 meno dello 1% dei nuovi laureati
emigrava all'estero, alla fine degli anni 90
circa il 4% dei nuovi laureati lascia l'italia.
[...]la percentuale di laureati che lascia il
paese e’ quindi quadruplicata tra il 1990 e il
1999
FONTE: "How Large is the Brain Drain
from Italy?" (Becker, Ichino and Peri 2002)
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