« Lettera aperta »
Preg.ma Presidente, Grazie del Vs. e-mail concernente il Regolamento della nostra Consulta. In risposta alla Vs. richiesta, a titolo unicamente personale come emigrato, poiché le Delegazioni dell’Associazione HERITAGE CALABRIA sono autonome, vorrei proporre quanto segue : Fermo restando che le parole usate dalla Presidente Franca Migliarese Caputi, nella prefazione, sono ammirevoli e gli emigrati e non-emigrati sangiovannesi penso siano sensibili a tali sentimenti espressi con riguardo e rispetto per i cittadini tutti, sono convinto che il proposto Regolamento vada rivisto in un senso più vasto ed appropriato. Mi spiego : affinché quanto sta a cuore a tutti noi di vedere gli emigrati sangiovannesi d’Italia e dell’estero uniti spiritualmente e materialmente ai sangiovannesi di Calabria, la Consulta deve essere regolamentata in modo da rappresentare uno strumento permanente per individuare, contattare, censire, valorizzare la « risorsa » emigrazione pensando al territorio, ai beni culturali, ai progetti artigiani ed alimentari, alle realizzazioni imprenditoriali, ai talenti intellettuali di San Giovanni in Fiore.
Questo deve essere fatto sia all’interno del territorio che nelle città di residenza degli emigrati in Italia e all’estero, in maniera da attrarre dall’esterno all’interno gli stessi elementi di lavoro, d’impegno e di successo. Insomma lavorare ora insieme per il bene di tutti. Stabilire quindi, nel Regolamento, un « Comitato Esecutivo » composto da emigrati sangiovannesi in Italia e all’estero, presieduto da uno di essi, ma con la presenza di un rappresentante del Sindaco e dell’Amministrazione Provinciale / Regionale in modo da poter lavorare per proporre, proporre per progettare.
Tutto questo concretamente e senza perdere tempo in discussioni o decisioni sterili di tipo « politico » o « partitico-clientelare ». Ecco, perché la presenza nella Consulta di rapprensentati di Istituzioni morali non politiche (Università, Studi Gioachimiti, Istituti, etc.) non potrà che permettere al Consiglio della Consulta di fare un lavoro migliore e più costruttivo. Non si può sperare di intraprendere un lavoro sano e profittevole in una Consulta che prevede 3 emigrati delle Associazioni, 3 emigrati eletti all’estero e un’assemblea annuale al Polifunzionale o alla Festa della Castagna. E
i
sangiovannesi emigrati in Italia ? Come salvaguardare i cervelli attualmente in « fuga » dal territorio ? Questi interrogativi mi affligono da anni e penso affligono tutti gli emigrati e dovrebbero affligere tutti i cittadini sangiovannesi non rassegnati. La Consulta deve essere un’opportunità per risolvere, se non tutti, almeno una buona parte dei problemi esistenti, ma deve essere sopratutto la Consulta degli Emigrati, regolamentata in maniera equa, compatibile e giusta, impegnando tutti, per poter essere efficace ! Pensateci. Con
fraterna simpatia.
La Voce di Fiore, sabato 15 gennaio 2005 La verità sulla Consulta: era stata occultata nello statuto comunale Per
ricostruire esattamente la vicenda, basta andare
alla vecchia versione dell’articolo 33 dello
Statuto, laddove è prescritto: “Il comune
riconosce, come forma di partecipazione, la consultazione dei
cittadini che può avvenire nelle forme e secondo
le modalità previste dai regolamenti comunali in
materia”. Non c’è più altro. La dottrina
giuridica, da Berti a Barbera, da Carli a Picchi,
da Sorrentino a Prisco, in presenza di formule con
cui si riconosce qualcosa, specifica che il
riconoscimento è una presa d’atto e, dunque, ciò
che è riconosciuto esiste a prescindere dalla
volontà pubblica. Nell’espressione “il comune
riconosce (...) la consultazione dei cittadini”,
c’è precisamente quanto s’è appena detto. A
seguire, la disposizione “(...) che può avvenire
nelle forme e secondo le modalità previste dai
regolamenti comunali in materia” prescrive un
obbligo, già disciplinato o di futura definizione.
In sintesi, ciò non significa che, sul piano
politico, viene dato un peso alla componente degli
emigrati. Sul piano tecnico, poi, la stessa è
espressamente taciuta. Il nuovo articolo 33, al
numero 3, recita: “La consulta ha il fine di
offrire agli emigranti la possibilità di
partecipazione diretta ed attiva alle linee di
sviluppo del paese e nello stesso tempo di
mantenere forti i legami con la propria storia e
tradizioni”. Soprattutto, in apertura, è scritto
dell’istituzione della consulta degli emigrati. A
parte l’errore di genere, “emigranti” al posto di
“emigrati”, il cambiamento, rispetto al precedente
articolo 33, è significativo e indicativo di
responsabilità. Non si capisce perché solo dopo
tre anni si sia arrivati a questa modifica. Non si
capisce perché parte dell’opposizione s’è vista
lungamente impotente, in quanto convinta che per
cambiare lo statuto si dovesse aspettare il
prossimo verdetto elettorale. Non si capisce
perché non c’è stato un seguito, sulla Consulta,
rispetto a quanto sollevato nei seguenti articoli
sul Crotonese: Storie
mai scritte d’emigrazione, 30 novembre-3
dicembre 2001, n. 95, pag. 26 e 27, Consulta per
l’emigrazione. L’incompiuta che fa rabbia,
3-6 maggio 2002, n. 34, pag. 26, Negare
l’emigrazione non basta a rimuovere palesi
responsabilità, 20-23 settembre 2002, n. 73,
pag. 22, È mancato il coraggio
della realtà, 5-7 novembre 2002, n. 86, pag.
17. In questi articoli, è tenuta aperta la
questione della consulta ed è riportata tutta la
protesta degli emigrati. In questi articoli sono
poste delle domande che non hanno mai trovato
risposta da parte dei rappresentanti politici.
--VATTIMO PER LA CITTÀ_Links
|
---|
Sulle politiche amministrative degli ultimi dieci anni a San Giovanni in Fiore