In
un clima di voracità, regali al silicio, al
silicone e tradizioni sciupate, le omelie di
Natale toccano argomenti internazionali e fatti
d’angoscia collettiva.
I riferimenti principali sono l’Oriente di fuochi
e il terrorismo interno, segno che la tv ha
influenzato per bene, meglio della cinese. In una
città, San
Giovanni in Fiore, trasformata
da una vasta e crescente emigrazione
intellettuale, dal Reddito
minimo e dalla sindrome del
consumatore onnipotente, l’affanno quotidiano del
periodo e l’assenza d’attività socio-culturali
comportano il rifugio di massa nel piacere
domestico. A fine anno, di solito, si discutono
bilanci e previsioni, si tirano le somme e
s’allentano o stringono le cinghie. Ma, nel caos
generale di compere e abbracci, spesso forzati, di
pruriti e desideri di gola e di gala, pochi
s’accorgono che molta gente non brinda, non
spande e manco spassa: non
ha.
San
Giovanni in Fiore, una realtà sommersa,
di anziani stipati in una triste casa di riposo,
nel complesso badiale, col rintocco d’orologio che
annuncia il declino dell’anima, catalizzato
dall’indifferenza diffusa e da un’assistenza
professionale svogliata e stipendiata; un bimbo, A.,
musulmano, che respira a fatica, vestito
di niente, affamato, impaurito; uomini
soli, in una stanza, a patire il freddo e senza
pasti; famiglie con figli d’una vita negata, sozzi
come i personaggi di Pasolini,
tra fango e case cadenti. Un quadro diverso dalla
classica tavola imbandita, con candeline rosse,
pandori e clementine, spumante, lucine
intermittenti e film strappalacrime sulla bontà e
l’unione. Che
cosa fanno i servizi sociali? Come
operano, con quali mezzi e risorse?
Scavando a modino, scopriamo che tutto è
improvvisato, sul vecchio principio che «si
può poco, perché non ci stanno soldi».
Lo dice, cheto e posato, l’assessore Biagio
Marra, tessera di Rifondazione, con
delega al disagio e alle politiche sociali; lui
che s’azzuffa col sindaco, Riccardo
Succurro, Ds, per incomprensioni
di programma, alle porte delle elezioni
provinciali.
I
lavoratori socialmente utili, Lsu,
per l’amministrazione, sono impegnati in alcuni
progetti di recupero: seguono i disabili, ai
quali, di recente, è stata data un’altra
sistemazione, dopo anni trascorsi in una buia
topaia. Nella vicenda, Antonio Catalano,
presidente dell’Associazione delle
famiglie dei disabili, ha sopportato,
pur di ottenere qualcosa di meglio, piegandosi
alla ragione di partito. Evitato lo
scandalo via etere, con le camere della Rai
pronte a riprendere il tugurio in questione.
Invece,
al taglio del nastro della nuova sede, sui
manifesti figurava, in testa,
le roi, l’onorevole Mario
Oliverio – quattro
legislature alla Camera, una alla Regione, come
assessore, una da sindaco della città
–, candidato alla presidenza della Provincia di
Cosenza, ovviamente
assente alla cerimonia inaugurale.
Così come per la maratona radiofonica in favore
del Burundi, in cui opera, con grave rischio
personale, il santo missionario don
Battista Cimino:
Mario Oliverio, ancora
sulla carta, non fece, l’anno passato, alcun
intervento in diretta. Oliverio c’entra
niente con la cultura cattolica, di cui, anzi, è
stato feroce avversario. S’è saputo
riciclare: per il potere, ha scordato quell’«oppio
dei popoli» di Marx e sposato, laicamente, quegli
«esercizi di cristianesimo» di Kierkegaard.
Di
recente, è sorta un’associazione per ciechi,
spediti direttamente in un fosso con le sbarre:
una struttura per la
quale il Comune s’è indebitato a dovere,
inaugurata in grande stile e mai utilizzata per
causa d’infiltrazioni d’acqua.
«Tanto, fa lo stesso - ha pensato una coerente
amministrazione di centrosinistra-, occhio che non
vede, cuore che non duole».
Di
fronte a questi torti, a questi crimini, non si
può mediare.
Mesi addietro, s’andò a
intervistare i funzionari dei servizi sociali,
sul caso d’un uomo che dormiva per strada. Ci
chiesero la mano morbida, per allontanare inchieste
e provvedimenti. Ci inviarono all’Asl,
un altro covo di comoda e grassa burocrazia,
che non risponde, di fatto, davanti alla
sofferenza umana e ai reali bisogni delle persone.
Parlammo con uno psicologo, che accusò
l’amministrazione comunale. Il solito scaricabarile.
Servono ispezioni e
verifiche.
Fino a
giugno del 2003, lo
Stato ha elargito oltre mille assegni mensili,
per il Reddito minimo, misura che
doveva inserire i destinatari nella società civile,
invece di escluderli senza appello. Bisognerebbe
rivedere ogni pratica. Nonostante
i rumori dell’opinione pubblica e della stampa,
gli organi di controllo non hanno agito in questo
senso. D’altronde, siamo in Italia, il
paese dei balocchi e degli show. Comunque
vadano le cose, restano gli errori politici,
madornali, d’una sinistra
che non ha operato per il bene collettivo.
I
calcoli sono perfetti.
Col prestito per
i lavoratori forestali, l’attuale
amministrazione incasserà consensi per ogni
competizione elettorale. Coi servigi - e i danni
all’impresa - del Reddito minimo, il
servilismo più squallido della piccola borghesia
andrà in eredità per varie generazioni, col risultato d’una emigrazione
inarrestabile.
Un
comune governato dalla sinistra non può trascurare gli emarginati,
i bisognosi, gli anziani, gli ammalati, gli
ultimi. E non può credere
d’illudere, menando vanto delle proprie azioni. Fino
a quando una persona non è
rispettata e sostenuta in quanto uomo,
non si può parlare di politiche
sociali.
A
San
Giovanni in Fiore, che aspira alla santità
di Gioacchino,
ci sono giovanissimi che si bucano per
disperazione, adulti che si perdono nell’alcol,
personalità deviate e abbandonate, anziani uccisi
da una solidarietà nelle fogne.
Qualcuno
dirà che è un fatto globale. Ma i servizi
sociali dormono, pagandosi il proprio
sonno, e la maggioranza di governo canta, tronfia,
la propria incoerenza. Con l’opposizione
zitta, complice, corresponsabile. E una
parte della Chiesa già a caccia di voti, per
qualcuno, uno solo.
EMILIANO
MORRONE
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