NINO
SASSI GIOVENALE
Pagine
--Basso
di statura, robusto, i capelli di un castano
chiaro, leggermente brizzolati, don Arnaldo
è, negli anni sessanta e settanta,
il responsabile della Missione
Cattolica Italiana di Zurigo.
--Se
vivi in terra straniera, in un luogo di
missione, il campanile, la chiesa, diventano
il porto dove attraccare la barca quando
non sai dove andare. Grazie a don Arnaldo
l’integrazione a Zurigo fu rapidissima e in breve tornai a vivere
i miei anni.
--Certo
sarebbe bello raccontare di noi, del gruppo
di giovani che cresceva velocemente intorno
alla missione, descrivere i problemi,
gli amori, i sentimenti, gli ideali, la
strada che ognuno avrebbe preso.
--Essere
cattolici, negli anni sessanta a Zurigo,
in terra protestante. Vivere la propria
identità e cercare negli altri,
in cio che è diverso da te, il
meglio.
--Dire:
ti amo era facile a Zurigo.
--Amare
gli alberi, il tram che sferraglia, gioioso,
sotto casa, le anatre del lago, il freddo,
la neve che cade abbondante, la luce dei
lampioni che illumina la notte,
Uscire e mescolarsi tra la folla…quando
torna primavera…
--Trovai
un lavoro come apprendista alla Shoeller
und Co, un lanificio tra i più
grandi d’Europa, situato sulla Hartumstr,
alla periferia nord della città
dove la Limat, il fiume, si allarga
in un’ampia ansa.
--Un
complesso di grandi dimensioni costituito
da più edifici dalle caratteristiche
omogenee.
Intorno all’opificio, appoggiate alla
collina, le case per i dipendenti, una
vera e propria cittadella. Gli stipendi
erano, rispetto ad altre aziende, bassi
ma godevi della casa e dei servizi presenti
nella cittadella. Poco distante, proseguendo
la Hartumstrasse, i campi sportivi e lo
stadio del Grassoper la squadra di calcio
più importante della Svizzera.
--All’inizio
fui utilizzato come apprendista nella
tintoria, un’impianto con numerose vasche
per il lavaggio e la tintura a caldo delle
lane. Affiancavo un operaio italiano originario
delle puglie. Non era difficile.
--Non
riesco, adesso, a ricostruire il ciclo
produttivo.
--Il
lavaggio delle matasse di lana cardata
avveniva in grandi vasche. La lana immersa
nell’acqua calda veniva ripulita con l’immissione
di acido prima di procedere alla tintura.
--Terminato
il periodo di ambientamento e prova venni
trasferito nel reparto filatura con compiti
di assistenza. Un reparto composto da
donne di origine greca e turca, un misto
di lingue che non mi impedì di
comunicare e svolgere il mio lavoro.
Kalimera…Kalispera... Furono le donne
ad insegnarmi il mestiere. Il lavoro prevedeva
la turnazione, 15 giorni al mattino, dalle
5 alle 14 e 15 giorni fino a sera, dalle
14 alle 23.
--Avevo
acquistato una bicicletta usata e con
quella raggiungevo la fabbrica con ogni
tempo e in ogni stagione. Il 1966 fu un
inverno molto rigido. Una mattina, intorno
alle 4 e 30, sotto casa il barometro della
farmacia segnava - 21 gradi. Non avevo
freddo e con la mia bicicletta raggiunsi,
come sempre, la fabbrica che si trovava
all’altro capo della città. C’era
la neve.
--Preferivo
il turno del mattino che mi consentiva
di frequentare la missione mentre quello
della sera di studiare, disegnare, leggere.
--Ero
indipendente e progettavo di riprendere
gli studi.
--Grazie
alla Missione Cattolica sono anni belli.
C’è il rammarico per gli studi
ma torno a vivere i miei anni, a progettare,
ad avere fiducia. La Missione diventa
il mio ambiente, la nuova famiglia....
--Entro
in un gruppo che si stava formando composto
da giovani donne che sono ancora nel cuore
e nella mente. Avevamo poco più
o meno di 16 anni. Fu grazie alle ragazze
che il gruppo potè cementarsi.
Divenimmo inseparabili.
--Quindi
gli altri, quelli arrivati in Missione
prima di noi. Giovani appena più
grandi. Veneti, Friulani, Lombardi, Svizzeri
del Canton Ticino.
--Le
immagini si sovrappongono e portano la
gioia degli incontri, le gite; di quella
volta che insieme, andammo sull’Uetliberg.
Uetli è’ il punto più alto
e panoramico di Zurigo.
Prendemmo, a Selnau, il treno di montagna
con la guida a gramaglia che scatta e
consente di salire fin quasi la vetta
posta intorno ai ‘900 metri. Il succedersi
dei boschi, il lago che si apre lentamente
e, arrivati in cima la terrazza panoramica:
la vista dei monti che circondano Zurigo
e veloci corrono verso la vicina Germania.
Adriana, la più giovane del gruppo,
era alle prime uscite. Parlava un italiano
stentato. Era dolce Adriana.
--Tornammo
a piedi, all’imbrunire, lungo un sentiero
sconnesso, ripido che attraversava veloce
i boschi fino alle prime case e alla stazione
di Selnau. Eravamo felici. Il pranzo al
sacco, il girovagare sulla cresta dell’Uetliberg,
i giochi, i profumi e gli odori di un
giorno d’estate.
Ogni anno la Missione organizzava un pellegrinaggio
ad Einsiedeln, al Santuario di N.S. degli
eremiti, la miracolosa Vergine nera.
--Il Santuario della Madonna nera di
Einsiedeln ha una storia
che merita un breve cenno. Intere comunità,
seguendo i deliberati della assemblee
cittadine, passavano alla Riforma e le
principali cattedrali mariane presenti
nella Svizzera vennero occupate dai protestanti che avevano
in Zwingli,
a Zurigo e in Calvino a Ginevra i loro massimi esponenti (siamo nel 1500).
Il passaggio alla Riforma comportò
la distruzione degli altari e delle immagini
sacre; un periodo buio che mise in forse
la sopravvivenza del cattolicesimo.. Nonostante
la forza dei riformisti, i cattolici riuscirono
a difendere alcune posizioni e a stabilire
la propria egemonia in Canton
Ticino. Durante la riforma
protestante l’Abazia
benedettina di Einsiedeln,
fondata al termine del primo millennio,
rappresentò in Europa un baluardo
della cattolicità.
--Ho
brevemente tratteggiato un periodo della
storia della Svizzera per dare significato al nostro essere
cattolici a Zurigo.
--Al
mattino passavo il tempo a leggere e a
studiare. Matematica, fisica; i libri
di lettere e filosofia scelti senza una
guida, ……. il disegno, i pastelli… ero
bravo.
--La
passione per il disegno non era una novità
ma una dote emersa sui banchi di scuola.
Ed ero bravo, di gran lunga il migliore.
--A
Zurigo uscivo di casa con le matite, i
fogli, i pastelli e il carboncino per
ritrarre i fiori, le foglie, i paesaggi,
la bottega del fruttivendolo, gli alberi
e i viali del Rieter Museum. Ero in grado
di rifare, a carboncino, a matita, con
i pastelli i dipinti di artisti famosi
e, spesso correvo fino al Kunsthaus, il
Museo, per visitare le sale, studiare
la luce, le armonie..., i colori, le ombre...
nei quadri.
--Ero
affascinato dal mondo della fisica, dallo
studio dell’infinitamente piccolo cioè
alla teoria quantistica, la base ultima
sulla quale si regge l’intero universo
microscopico delle particelle e, indirettamente,
a tutto quanto noi possiamo vedere, udire,
toccare. In tutto questo ritrovavo facilmente
Dio.
--Studiare
per comprendere l’armonia della natura
e il mistero della vita.
--Studiare
e comprendere le leggi che regolano l’universo
minimo significava, pensavo, comprendere
l’universo stesso di cui siamo una infinitesima
parte. Andare oltre la dimensione osservabile
e indagare.
--Giorno
dopo giorno elaboravo il mio futuro quello
che volevo fare, che avrei fatto
--Come
fare?!
--Discutevo
di futuro con Riccardo che voleva studiare
medicina ma non aveva ne i mezzi ne gli
studi per iscriversi all’università.
--Era
difficile per noi, a quei tempi, giovani
immigrati senza appoggi immaginare il
futuro. La città offriva molte
opportunità di lavoro non strutturato.
Al mattino potevi portare i giornali di
casa in casa ed eri subito libero. Potevi,
saltuariamente, trovare impiego alle poste
o alla stazione centrale; fare il benzinaio,
il fornaio.
--Esisteva
tutta una serie di lavori che, con un
po di fortuna, ti permettevano di guadagnare
per vivere e di trovare il tempo per studiare.
--Riccardo
che aveva frequentato le scuole a Zurigo parlava perfettamente il dialetto zurighese
diversamente da me che cominciavo ad esprimermi
ma avevo bisogno di tempo. Studiavo il
tedesco ma non bastava ed avevo fretta.
--Potevo
scendere in Canton Ticino ma dove?! Un
bel problema!
--Ne
parlavo con Riccardo che era più
giovane di me ed ascoltava.
--Continuavo
ad uscire con Marisa e le altre. --Marisa
poteva aiutarmi con la lingua ma non ero
pronto per un rapporto profondo che ti
cambia la vita. Marisa mi voleva bene,
mi avrebbe aiutato, consigliato, sposato
la mia causa.
--Potevo
farlo, potevo imbrigliare nei miei progetti
la vita di un’altra persona?!
--Non
potevo.
--Il
percorso era duro e lungo. …………. una scala,
ripida, che saliva fino ad una porta.
Aprire quella porta era l’obbiettivo che
volevo raggiungere , gradino dopo gradino,
verso il futuro immaginato, lungamente
sognato, scelto.
--Arrivò
Natale e poi capodanno. Le Barizzi organizzarono
una festa nella loro casa, un villino
posto in cima allo Zollikerberg, una località
situata alla periferia a sud- est di Zurigo.
--Da
Bellvueplatz, uno dei più importanti
nodi stradali, sulla sponda destra della
Limat dove il fiume defluisce dal lago,
si prende il tram che porta a Rehalp e
da lì, proseguendo lungo la Frochstr.,
passando per Waldburg, si sale fino all’abitato
di Zollikerberg.
--Eugenio,
Nicolino, Riccardo…. Marisa, Giovanna,
Adriana, Maria Silvia, Iris, Rosenmary.
C’era anche Ornella che, solitamente non
faceva parte del nostro gruppo.
--I
genitori di Adriana e di Marisa nel salotto
e noi nello scantinato trasformato in
sala da ballo. Ricordo la musica, Adriana
che cercava le canzoni di Adamo, l’allegria,
i giochi in attesa della mezzanotte.
--La
neve era caduta abbondante. A mezzanotte
le ragazze decisero di uscire per una
passeggiata nel bosco. Il padre di Adriana
mi prese da parte e mi disse: “mi raccomando,
che non accada nulla” e mi affidò
sua figlia.
--Tornammo,
io e gli altri giovani, a Zurigo a piedi
…attraverso il bosco ….
Zollikerberg
--E
a te che penso /lungo la strada che scende,/
fredda, / attraverso il bosco, /
le luci della notte. / Le cose che ho,
/ che non ho, / che vorrei avere per dare/
L’amore che cerco, / che non ho, / che
vorrei avere per amare / Dire: “ti amo”/
a te che ascolti.. / E’ solo illusione
/ il sogno che ho fatto / lungo la strada
--Sto
per lasciare Zurigo. E’ una scelta ragionata
se scelta si può chiamare quella
di uno che non ha nulla per scegliere
tranne i suoi anni.
--I
poveri non possono scegliere il liceo,
i saperi, progettare l’università
e seguire le proprie vocazioni I poveri,
quelli del mio tempo, speravano nel lavoro
subito.
--All’inizio
del 1967 lascio la Scoeller und co ma
resto a Zurigo fino ai primi di maggio.
Libero da impegni passo mesi bellissimi.
Amavo mescolarmi tra i giovani che trovavi.
sempre numerosi, in riva alla Limat in
prossimità di Belvue; un crocivia
di lingue che erano musica. Ero vivo e
felice di esserci.
Nino
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