Dopo
anni difficili, sta per concludersi l’incresciosa
vicenda della Consulta degli emigrati.
Quindi,
François
Nicoletti, presidente
dell’associazione degli emigrati Heritage
Calabria, si fece in quattro
per sensibilizzare l’opinione pubblica e ottenere
pronto rimedio. L’allora sindaco, Riccardo
Succurro, promise di riparare. Nicoletti
attese invano e, per causa della lentezza
dell’attività istituzionale, i tempi si dilatarono
oltremodo. Accadde lo stesso per lo Sportello unico,
non ancora disciplinato. Il fondatore di Heritage
pazientò a vuoto, mentre in città pochi percepivano
il significato di quella battaglia. Come che le case
e il benessere d’oggi fossero piovuti dal cielo o li
avesse mandati qualche politico votato alla carità.
Per
François
Nicoletti, il gesto compiuto da
quella maggioranza di centrosinistra valeva come
cancellazione del ruolo degli emigrati,
responsabili, invece, della sopravvivenza e del
progresso economico e culturale di San
Giovanni in Fiore.
Qualcuno lo accusò d’aver politicizzato la faccenda
e di giocare a sentirsi rappresentante senza
mandato.
Ma
Nicoletti
agì per puro attaccamento alle origini, dato che
nessun medico avrebbe potuto ordinargli, per salute,
anni di nervosismo, lungaggini, insulti e pugnalate.
Il presidente di Heritage
viaggiava nei continenti per lavoro: poteva starsene
comodo fra i suoi affari, la sua patinata Ginevra,
l’illuminante
Parigi, dov’è di casa, o la Pechino
delle sorprese. Inoltre, un bel giorno s’alzò col
pensiero che doveva dichiarare all’universo mondo il
suo appoggio
incondizionato a Tonino Acri (Ds), cosa che fece
ripetutamente anche per l’amico Franco Laratta
(Margherita), legandosi, dopo,
all’uomo Beniamino Donnici, nell’esecutivo
regionale. Questo “a chiara conferma di un’innata
simpatia per le destre e del tentativo di scardinare
- secondo qualche benpensante - il sistema di potere
della sinistra florense”.
Come
se non bastasse, il folle benefattore
calabro-elvetico sostenne finanziariamente il Psu,
che, è noto, non viene approvato in assenza di fondi
privati. Difatti, fu l’adesione finanziaria della Fondazione
Heritage per
foresterie degli emigrati che permise al Comune di
partecipare al Programma di sviluppo urbano,
sostenuto con fondi europei per il 45%, con fondi
statali per il 40% e con fondi comunali e di privati
per il restante 15%. Il Comune ebbe la sua parte
dalla Cassa Depositi e Prestiti, mentre la Fondazione
Heritage mise la sua. In assenza
della quale, il Psu non sarebbe passato, anche
secondo il suo responsabile, il docente
universitario Giuseppe De Luca. C’erano pure le Ferrovie
della Calabria di
mezzo, ma l’Unione
Europea non l’avrebbe bevuta,
trattandosi d’un ente abbastanza pubblico.
La
Fondazione
Heritage si disse convinta,
all’unanimità, che cogli emigrati nel centro storico
sarebbe stato possibile rianimare la zona e muovere
i residenti a ristrutturazioni spontanee. Il suo
patron ha sempre ripetuto, infatti, che “la
città si può sviluppare ricuperandone la parte
antica”. A seguire, organizzò con le
tasche bucate tre raduni degli emigrati, avviando la
loro accoglienza presso una dimora di sua proprietà,
senza mai ricevere un euro dal Comune. Se
recentemente s’è cominciato a parlare, a San
Giovanni in Fiore,
di tragedie riguardanti i lavoratori italiani
all’estero e se, a passi lenti, si sta formando, in
generale, una mentalità rivolta alla memoria storica
dell’emigrazione, ciò è merito dell’impegno di François
Nicoletti a favore della Consulta e
del lavoro
scientifico di Saverio Alessio
su emigrati.it.
Ma,
per onestà intellettuale, gli equivoci e le
contrapposizioni con l’amministrazione comunale
proseguono e richiamano alcuni soggetti
cinematografici buffi e tristi, lasciandoci
intendere che a San
Giovanni in Fiore
si teme ogni cosa, ad opera dei partiti. Stessa
sorte dell’opera di Nicoletti
per lo sforzo
intellettuale di Alessio,
che, servendosi di Internet, ha realizzato il
più completo e strutturato archivio di materiali
antropologici, sociologici, filosofico-politici e
di cronaca sull’emigrazione florense.
Nonostante,
dunque, tali iniziative, che hanno permesso, per via
politica, di riflettere sulla memoria
dell’emigrazione e sugli aspetti dinamici, creando
un clima favorevole agli scambi culturali, la
maggioranza in Comune continua a perseguitare
ingiustamente e ciecamente i suoi autori.
Tanto è che Alessio
non è mai invitato a iniziative ufficiali
sull’emigrazione e a François
Nicoletti non è riconosciuto in
municipio il ruolo di elemento di congiunzione fra
emigrati e residenti.
Quando,
infatti, Joe
Manchin venne a San Giovanni in Fiore,
mentre il Consiglio regionale prese atto che quella
visita dipese dai contatti del presidente di Heritage
col governatore del West
Virginia, da ambienti politici di San
Giovanni in Fiore
partì un’azione diretta in senso contrario. I vari
gemellaggi fra Americhe e Calabria portano la firma
di François
Nicoletti. La delegazione di Heritage
in West
Virginia ha recentemente
ringraziato il presidente del consiglio regionale
della Calabria, Giuseppe Bova, per le iniziative,
l’interessamento e la sensibilità mostrate in tutte
le occasioni di scambio promosse fino ad ora. Al Columbus
Day in West
Virginia, i rappresentanti della
Calabria hanno ricevuto un’accoglienza
straordinaria, come segno della profondità dei
rapporti d’amicizia esistenti. Oggi, alla vigilia
della presentazione in consiglio del regolamento
sulla Consulta degli emigrati,
tutto da discutere, ne conosciamo l’impianto,
frutto, evidentemente, degli equivoci e delle
fissità funzionali di questi ultimi anni. Due punti
sono, in proposito, molto indicativi. L’organo è,
per circa la metà, formato da appartenenti alla
politica.
Inoltre,
sono individuate della macroaree all’estero,
all’interno delle quali saranno scelti i
rappresentanti degli emigrati. Ciò esclude quanti si
trovano in Italia, fuori di San
Giovanni in Fiore.
L’errore di fondo è quindi l’essere rimasti ancorati
a un controllo dei partiti, anche per un organo che
dovrebbe essere consultivo e propositivo, genuina
espressione della componente degli emigrati, ivi
compresi quelli in Italia.
L’immagine,
infatti, dello zio
d’America o della valigia
di cartone sono fortemente presenti
a livello collettivo.
Ma
la contemporaneità ha completamente svuotato il
concetto giuridico di cittadinanza, il quale, se
rimane valido per alcuni fini rappresentativi, non
può avocarsi sempre e pretestuosamente nei processi
di ingegneria sociale. Con
Internet, la partecipazione
attiva dei fuori sede, in Italia o all’estero,
alla vita politica e culturale del luogo
d’origine, è diventata sorprendente. E non si
può quindi impedire che le esperienze di tanti
emigrati acquisite altrove e la loro voglia di
vedere un’altra San
Giovanni in Fiore
vengano limitate dall’imperio dei partiti o da
vecchie logiche burocratiche.
Emiliano Morrone
La
Voce di Fiore,
sabato 15 gennaio 2005
La
verità sulla Consulta: era stata occultata nello
statuto comunale
Per
ricostruire esattamente la vicenda, basta andare
alla vecchia versione dell’articolo 33 dello
Statuto, laddove è prescritto: “Il comune
riconosce, come forma di partecipazione, la consultazione dei
cittadini che può avvenire nelle forme e secondo
le modalità previste dai regolamenti comunali in
materia”. Non c’è più altro. La dottrina
giuridica, da Berti a Barbera, da Carli a Picchi,
da Sorrentino a Prisco, in presenza di formule con
cui si riconosce qualcosa, specifica che il
riconoscimento è una presa d’atto e, dunque, ciò
che è riconosciuto esiste a prescindere dalla
volontà pubblica. Nell’espressione “il comune
riconosce (...) la consultazione dei cittadini”,
c’è precisamente quanto s’è appena detto. A
seguire, la disposizione “(...) che può avvenire
nelle forme e secondo le modalità previste dai
regolamenti comunali in materia” prescrive un
obbligo, già disciplinato o di futura definizione.
In sintesi, ciò non significa che, sul piano
politico, viene dato un peso alla componente degli
emigrati. Sul piano tecnico, poi, la stessa è
espressamente taciuta. Il nuovo articolo 33, al
numero 3, recita: “La consulta ha il fine di
offrire agli emigranti la possibilità di
partecipazione diretta ed attiva alle linee di
sviluppo del paese e nello stesso tempo di
mantenere forti i legami con la propria storia e
tradizioni”. Soprattutto, in apertura, è scritto
dell’istituzione della consulta degli emigrati. A
parte l’errore di genere, “emigranti” al posto di
“emigrati”, il cambiamento, rispetto al precedente
articolo 33, è significativo e indicativo di
responsabilità. Non si capisce perché solo dopo
tre anni si sia arrivati a questa modifica. Non si
capisce perché parte dell’opposizione s’è vista
lungamente impotente, in quanto convinta che per
cambiare lo statuto si dovesse aspettare il
prossimo verdetto elettorale. Non si capisce
perché non c’è stato un seguito, sulla Consulta,
rispetto a quanto sollevato nei seguenti articoli
sul Crotonese: Storie
mai scritte d’emigrazione, 30 novembre-3
dicembre 2001, n. 95, pag. 26 e 27, Consulta per
l’emigrazione. L’incompiuta che fa rabbia,
3-6 maggio 2002, n. 34, pag. 26, Negare
l’emigrazione non basta a rimuovere palesi
responsabilità, 20-23 settembre 2002, n. 73,
pag. 22, È mancato il coraggio
della realtà, 5-7 novembre 2002, n. 86, pag.
17. In questi articoli, è tenuta aperta la
questione della consulta ed è riportata tutta la
protesta degli emigrati. In questi articoli sono
poste delle domande che non hanno mai trovato
risposta da parte dei rappresentanti politici.
--VATTIMO
PER LA CITTÀ_Links
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