San
Giovanni in Fiore, 14 gennaio 2004
Saverio Basile
si domanda come mai i giovani rifiutano le cariche
pubbliche. Una risposta, per certo, può trovarla nel linguaggio e nei
modi, inenarrabili, del Consiglio comunale.
Uno show di volgarità e irriverenza, di
presunzione e pretestuosità, maleducazione e
cattivo gusto, brutta politica e libertinaggio.
Martedì
13, è successo l’inverosimile, nella suprema
assise comunale, come qualcuno, con infelice
espressione, definisce il Consiglio. Frijo,
vicepresidente, ha dato del pazzo ad Antonio
Barile. Reato d’ingiuria, contemplato
dal codice penale, ma, in primo luogo, uscita
indebita, inqualificabile e sanzionabile. Barile
ha risposto, perdendo la pazienza e dando del
falso al Sindaco
Succurro. Un carabiniere della
stazione locale con la sigaretta accesa,
nonostante l’evidente divieto di fumare.
Culturalmente, la divisa conta più della norma,
generale e astratta. Nell’anticamera, una cappa di
fumo, in barba alle nuove disposizioni a tutela
della salute, volute dal ministro Girolamo
Sirchia. Greco contro
Caruso e Tiano
contro Greco, interruzioni. Toni
duri, aspri, violenti, eccessivi. Rumori, uscite
collettive dall’aula, ciance, brusio, disturbi.
Ritardi, rispetto al previsto, discorsi in
vernacolo, dispetti, cellulari accesi, squilli,
melodie, lavori politici frantumati. Deve
riflettere, e agire, il presidente del consiglio,
mister Agostino Audia. Deve garantire l’osservanza
delle regole. Nel 1996, con Federico
Stella, ordinario di penale alla Cattolica
di Milano, scrivemmo un lungo saggio,
nel merito, rilevando che il 59% degli italiani
non rispetta le norme. Lammirato, avvocato, ha
chiamato sciacalli i sostenitori della Provincia
di Crotone, provocando il
veemente risentimento del collega Mario
Morrone. In Toscana, dove è nata la
lingua italiana, per circostanze del genere si usa
il termine “troiaio”.
Morto il professor Bobbio, si ricorda il
suo invito alla moderazione, contro gli
estremismi insipidi che dominano, oggi, in
politica: scempi verbali, d’atteggiamento.
Il consiglio comunale del 13 gennaio sarà
ricordato soprattutto per gli screzi, al di là
d’ogni tolleranza.
Bisognava
discutere, razionalmente, sul cambio di
provincia. Sono
anni che se ne dimostra, per iscritto, la
necessità e l’urgenza.
Nel
chiassoso consiglio del 13, non ho sentito parole
sulla gravissima
situazione della sanità né sugli
uffici perduti rimanendo con Cosenza. Da una
parte, c’è stata la difesa assoluta della propria
condotta, un po’ come Alvaro Vitali
quando spia una donna svestita. L’Ulivo deve avere
la seggiolona di Mario Oliverio. E
la avrà. Perché
Oliverio è eterno, come i versi di Orazio.
D’altra
parte, c’è stato una specie d’amarcord, senza
larghe osservazioni su un presente malato e
difficile.
Perché la gente
parte. Non resta.
La
Margherita, prima favorevole al
passaggio con Crotone, ha
scoperto le sue carte. Adesso, sta con Cosenza. Franco
Laratta deve avere la sua
vicepresidenza. E la avrà. Perché Laratta è
scaltro come Ulisse. Anzi, di
più. I Ds sono storicamente con
la provincia bruzia. La destra, compatta, vuole
Crotone, per fatti oggettivi.
Crotone
non sarà realtà, fino a quando il Comune resterà
nelle mani d’una sinistra dura e vincente. Lo
stesso Succurro ha auspicato una
vera destra, colta e decisa.
EMILIANO
MORRONE