San
Giovanni in Fiore, 31 ottobre 2003
La teoria di dighe che racchiudono
laghi di cemento sono tutti interventi pubblici
degli ultimi quarant'anni.
In alto a sinistra il complesso di
dighe di cemento, rivestite in finta muratura di
granito che in molte parti sta cadendo, e che ha
sostituito intorno al Comune ogni
traccia di orti secolari,
attraversati da acquedotti e ricchi di alberi di
noce, meli, peri, prugni, gelsi...tutto scomparso!
Un museo
contadino vivente erano quegli alberi,
una meraviglia erano, una dimostrazione secolare
dell'abilità muraria erano i muretti che livellavano
a piccole terrazze il declivio della montagna per
renderlo fruttuoso, per ottocento anni era stato
così, niente di male c'era in un vallone che
attraversava la città, che la ha costeggiata per
secoli, e che era lì prima dell'Abbazia
Florense rispettosamente costruita sul suo
bordo.
In basso a destra la piazza
dietro l'Abbazia che è servita ad operare
lo stesso massacro nei riguardi degli orti badiali,
dei suoi alberi da frutta, del suo acquaru,
snaturando completamente
sia il contesto ambientale e storico
dell'edificio, sia la sua principale
caratteristica e il suo senso: essere
il limite ultimo della città verso la campagna e
le Iunture.
Secondo
la Amministrazioni Comunali e i loro Uffici
Tecnici nessuna traccia di natura
deve sopravvivere in questo luogo, nessuna
traccia di storia, nessuna intelligenza, nessuna
poesia.
Architettura Mediterranea
Architettura Florense
Arte Mediterranea
ARTE FLORENSE
Abbazia
Florens: panoramica est
Fotografia:
Francesco Saverio Alessio, 1987
...fino
a pochi anni fa, come nel Medio Evo, sul bordo sud
est dell'Abbazia erano gli orti e gli alberi di
noce, un sentiero e l'ACQUARU; tutti segni di un
passato cancellato per sempre da una pavimentazione
stradale tra l'altro fatta male. [...]
tratto
da: Tutto
quello che non si deve fare in Architettura
( un caso storico: San Giovanni in Fiore)di
Francesco Saverio ALESSIO
*[…]
Ho visto Messina con gli occhi dell'esperienza
delle recenti ricostruzioni seguite ad eventi
sismici, di quella della valle del Belice e di
quella ancora in atto in Campania. Da questo
particolare punto di vista mi è sembrato di
cogliere nella grande ricostruzione di Messina,
per tanti versi pregevole, la prova generale di
un atteggiamento poi tragicamente replicato
nelle ricostruzioni più recenti: una sorta di
pratica esorcistica che ha mirato, da Messina in
poi, alla cancellazione dei speciali rapporti
tra costruito ed elementi naturali, quasi che
l'eliminazione delle tracce della drammatica
compresenza di mondo della geometria, mondo
dell'artificio e mondo delle forme naturali
fosse di per sé una delle più accattivanti norme
antisismiche.[…] La differenza è che gli antichi
usavano l'astuzia di valorizzare, attraverso
l'architettura, gli ostacoli sempre frapposti
alla volontà d'insediamento. Oggi,
semplicemente, è in uso la prassi di eliminarli.
Francesco VENEZIA:
"Casabella" 523, aprile 1986
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